Giurisprudenza Ordinata Cronologicamente
Sul valore probatorio delle dichiarazioni dei redditi, ai fini della prova del mancato superamento dei limiti-soglia di cui all’articolo 1 L.F.
Cassazione civile, sez. I, 1° marzo 2012, n. 3228
“Al fine di dimostrare il mancato superamento congiunto dei limiti-soglia di cui all’articolo 1, secondo comma, L.F., il debitore deve adempiere al deposito ex articolo 15, quarto comma, L.F., dei bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e della situazione patrimoniale aggiornata, salvo che da altri elementi non risultino le medesime circostanze negative. Le dichiarazioni dei redditi, però, avendo un mero significato indiziario, non possono ritenersi sufficienti poiché non indicano, come al contrario i bilanci, i profitti e le perdite della società, e nemmeno i ricavi e i debiti, per come richiesti dalle lettere a), b) e c) del secondo comma dell’articolo 1 L.F. Si ritiene comunque ammissibile – per l’effetto devolutivo pieno del reclamo ex articolo 18 L.F. – che il debitore avanti alla corte d’appello, possa difendersi per la prima volta deducendo mezzi di prova prima non proposti”. (massima redazionale)

Cassazione civile sez. I – 1/3/2012 n. 3228

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. VITRONE Ugo - Presidente
- Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere
- Dott. BERNABAI Renato - Consigliere
- Dott. RAGONESI Vittorio - rel. Consigliere
- Dott. GIANCOLA Maria C. - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 20402-2010 proposto da:
FALLIMENTO PANIFICIO SPIGA DI PERRA PAOLA & C. S.N.C. E DEI SOCI ILLIMITATAMENTE RESPONSABILI S.E. e P.P. (C.F. (OMISSIS)), in persona del Curatore Dott.ssa M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MERCADANTE 9, presso l'avvocato AURELI ADRIANO, rappresentato e difeso dall'avvocato TULUI FRANCO, giusta procura a margine del ricorso; - ricorrente -
contro
PANIFICIO SPIGA DI PERRA PAOLA & C. S.N.C. (C.F. (OMISSIS)), in persona dell'Amministratore S.E., anche nella qualità di socio illimitatamente responsabile, e P.P., nella qualità di socio illimitatamente responsabile, elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO TONIOLO 6, presso l'avvocato MORERA UMBERTO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato RACUGNO GABRIELE, giusta procura a margine del controricorso; - controricorrente -
contro
O.C.R.I. S.R.L.;
- intimata - avverso la sentenza n. 17/2010 della CORTE D'APPELLO di CAGLIARI, depositata il 29/06/2010; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/01/2012 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI; udito, per il ricorrente, l'Avvocato ADRIANO AURELI, con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito, per il controricorrente, l'Avvocato GABRIELE RACUGNO che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario G. che ha concluso per l'accoglimento del ricorso con esclusione del sesto motivo.
FATTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con reclamo in data 4 febbraio 2010, il Panificio Spiga di Perra Paola & C. S.n.c., in persona del legale rappresentante, S. E. ed i soci illimitatamente responsabili S.E. e P.P., dichiarati falliti con sentenza del tribunale di Cagliari n. 3 del 2010, hanno chiesto la revoca della dichiarazione di fallimento, proponendo diverse ragioni di doglianza. La curatela del fallimento si è costituita ed ha contestato il fondamento del reclamo. E' invece rimasta contumace la O.C.R.I. S.r.l.. Con separato ricorso la Panificio Spiga di Perra Paola & C. S.n.c., ed i soci illimitatamente responsabili, S.E. e P. P. hanno chiesto altresì la sospensione della liquidazione, ai sensi dell'art. 19 della legge fallimentare. I due procedimenti sono stati riuniti. La Corte d'appello di Cagliari, con sentenza 17/10 accoglieva il reclamo e per l'effetto revocava la sentenza di fallimento. Avverso detto provvedimento ricorre per cassazione il fallimento del Panificio Spiga sulla base di cinque motivi cui resiste con controricorso il Panificio Spiga. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
DIRITTO
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il fallimento deduce con i primi due motivi di ricorso lamenta l'esistenza di vizi di motivazione in ordine all'applicazione dell'art. 1 l.f. relativo ai requisiti economico-patrimoniali necessari per la fallibilità dell'impresa poichè la Corte ha ritenuto di escludere la sussistenza di tali requisiti in assenza di adeguata documentazione probatoria da parte della società debitrice cui tale onere incombeva. In particolare non poteva ritenersi adeguata la sola produzione delle dichiarazioni dei redditi in assenza di bilanci ed altri elementi contabili. Con il terzo motivo lamenta l'omessa ed insufficiente motivazione anche in ordine alla contestata conformità all'originale delle dichiarazioni dei redditi presentate. Con il quarto motivo deduce la violazione dell'art. 2719 c.c. per avere ritenuto genuine le dichiarazioni prodotte senza alcuna valutazione in merito. Con il quinto motivo contesta il ritenuto valore probatorio del modelli unici depositati in estratto e quindi incompleti senza tener conto della mancata produzione dei bilanci. Con il sesto motivo di ricorso si contesta che la società resistente abbia prodotto solo in sede di reclamo la documentazione che era invece tenuta a produrre in sede di istruttoria prefallimentare. Va esaminato preliminarmente il sesto motivo che è infondato. Questa Corte ha già chiarito che nel giudizio di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto ai procedimenti in cui trova applicazione la riforma di cui al D.Lgs. n. 169 del 2007, che ha modificato l'art. 18 legge fall., ridenominando tale mezzo come "reclamo" in luogo del precedente "appello", l'istituto, adeguato alla natura camerale dell'intero procedimento, è caratterizzato, per la sua specialità, da un effetto devolutivo pieno, cui non si applicano i limiti previsti, in tema di appello, dagli artt. 342 e 345 cod. proc. civ., pur attenendo il reclamo ad un provvedimento decisorio, emesso all'esito di un procedimento contenzioso svoltosi in contraddittorio e suscettibile di acquistare autorità di cosa giudicata; ne consegue che il debitore, benchè non costituito avanti al tribunale, può indicare anche per la prima volta, in sede di reclamo, i mezzi di prova di cui intende avvalersi, ai fine di dimostrare la sussistenza dei limiti dimensionali di cui all'art. 1, comma 2, legge fall., tenuto conto che, sul punto e come ribadito da Corte cost. 1 luglio 2009, n. 198 - in tema di dichiarazione di fallimento ed onere della prova nel procedimento dichiarativo -, permane un ampio potere di indagine officioso in capo allo stesso organo giudicante. (Cass. 22546/10). Ne consegue che nel caso di specie ben potevano essere prodotti i documenti in sede di reclamo. I primi due motivi di ricorso tra loro connessi possono essere esaminati congiuntamente e si rivelano fondati. Premesso che le tre condizioni di non fallibilità indicate dall'art. 1 l.f. devono sussistere congiuntamente, questa Corte ha già avuto occasione di affermare in una fattispecie pressochè identica che "secondo quanto prevede la L. Fall, art. 1, gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, quando dimostrino il possesso congiunto di determinati requisiti patrimoniali ed economici, che vanno desunti comunque almeno dai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, al cui deposito il debitore è tenuto a norma della L. Fall., art. 15, comma 4, ai fini appunto della decisione sulla richiesta di fallimento. L'onere della prova dell'inammissibilità del fallimento incombe dunque sul debitore contro il quale sia stata presentata la relativa istanza, anche se l'onere della prova della sua qualità di imprenditore commerciale incombe sul creditore istante. E benchè non abbiano certamente valore di prova legale, i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi sono la base documentale imprescindibile della dimostrazione che il debitore ha l'onere di fornire per sottrarsi alla dichiarazione del fallimento. Sicchè la mancata produzione dei bilanci non può che risolversi in danno del debitore, a meno che la prova dell'inammissibilità del fallimento non possa desumersi da documenti altrettanto significativi. Infatti le norme che distribuiscono tra le parti l'onere della prova individuano la parte cui la decisione risulterà sfavorevole anche se risultasse solo incerto alcuno dei fatti rilevanti, posto che il procedimento giurisdizionale non può concludersi con un non liquet e quindi una decisione deve essere comunque assunta, pur quando manchino tutte le informazioni necessarie ad accertare i fatti costitutivi o modificativi o impeditivi o estintivi dei diritti controversi" (Cass. 11309/09). "Ne consegue che correttamente i ricorrenti hanno censurato la motivazione in fatto della decisione impugnata, perchè i giudici del merito hanno omesso di assegnare la dovuta rilevanza alla mancata produzione dei bilanci e si sono fondati su dichiarazioni fiscali non ufficiali, in quanto non prodotte ai competenti uffici tributari, e inidonee a spiegare la dedotta carenza dei presupposti del fallimento" (Cass. 11309/09). Il Collegio ritiene di doversi attenere al precedente teste citato. Va infatti rammentato che la dichiarazione dei redditi ha una funzione tipicamente ed esclusivamente fiscale, mirando a normalizzare e a porre su un terreno di reciproca fiducia i rapporti tra uffici e contribuente. Essa pertanto, a cagione della sua natura e dello scopo precipuo per il quale e stata disposta, non è riferibile con uguale valore a rapporti estranei al sistema tributario quale quello in esame. In conseguenza, tale dichiarazione e gli atti alla stessa connessile prodotti in giudizio, presentano i caratteri di semplici elementi indiziari lasciati alla discrezionale valutazione del giudice di merito,che può legittimamente disattenderli, fondando il proprio convincimento su altre risultanze probatorie. (Cass. 2000/73; 9876/06;9806/03). Il che sta a significare che a fronte di un preciso obbligo probatorio imposto dall'art. 15 l.f. di deposito dei bilanci e dei documenti contabili nonchè della situazione patrimoniale aggiornata, il mancato assolvimento di detto obbligo non può essere supplito sotto il profilo della adeguatezza probatoria dalla produzione delle dichiarazioni dei redditi che potrebbero avere un mero valore indiziario a sostegno della documentazione prescritta dall'art. 15 l.f. ma che, in assenza di questa, non possono essere considerati come elementi di per sè idonei a dimostrare la presenza delle condizioni di non fallibilità di cui all'art. 1 l.f.. Va a tale proposito rilevato che la redazione del bilancio è obbligatoria per tutti gli imprenditori commerciali ai sensi dell'art. 2217 c.c. che stabilisce che stabilisce l'obbligo di redazione annuale dell'inventario con indicazione e valutazione delle attività e passività dell'impresa e che si chiude con il bilancio che deve evidenziare il conto dei profitti e delle perdite. L'obbligo in questione è, del resto, ribadito anche a fini tributari dal D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 13 e 15 che stabiliscono l'obbligo di tenuta delle scritture contabili per vari soggetti tra cui anche le società in nome collettivo come la resistente (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 13, comma 1, lett. c)) nonchè quello di redigere annualmente l'inventario ed il bilancio dei profitti e delle perdite ai sensi dell'art. 2217 c.c. (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 15). (v. Cass. 8273/03). Ed invero è dai bilanci che è possibile avere precisa indicazione dei profitti e delle perdite della società e quindi dei ricavi e della situazione debitoria richiesti dall'art. 1, lett. b) e c). Quanto poi all'attivo patrimoniale, questo può essere dedotto principalmente dalla situazione patrimoniale che l'imprenditore, nei cui confronti è stata presentata istanza di fallimento, ha l'obbligo di redigere in modo aggiornato al fine del deposito innanzi al tribunale. Da ciò consegue che la mancata produzione dei bilanci e della situazione patrimoniale può essere supplita solo da elementi indiziari e da altra documentazione contabile avente adeguata rilevanza. I due motivi vanno pertanto accolti. La sentenza impugnata va di conseguenza cassata in relazione ai motivi accolti, restando rigettato il sesto motivo ed assorbiti gli altri, con rinvio alla Corte d'appello di Cagliari in diversa composizione che si atterrà nel decidere al principio di diritto dianzi enunciato che provvedere quindi a rivalutare alla luce degli elementi probatori acquisiti in giudizio la sussistenza delle condizioni di non fallibilità di cui all'art. 1 l.f. e che, inoltre, provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M
 
Accoglie i primi due motivi del ricorso, rigetta il sesto, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Cagliari in diversa composizione. Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2012. Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2012
Norma

Art. 1 L.F. Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo


I.
Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici.

II.
Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:

a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;

b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;

c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.

III.
I limiti di cui alle lettere a), b e c) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento.

 

(1) Articolo sostituito dall’art. 1 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, pubb. in Gazz. Uff. 16 ottobre 2007, n. 241, con effetto dal 1° gennaio 2008. La norma si applica ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data del 1° gennaio 2008, nonché alle procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente (per il regime transitorio vedi art. 22 D.Lgs. cit.).

Tutta la Giurisprudenza

Art. 1 L.F. Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo

 

III) Sulla fallibilità delle società partecipate dagli enti locali

 

VIII) Sul nomen iuris del fallimento del socio

 

IX) Sulle problematiche di giurisdizione in caso di mutamento di sede

 

X) Sul diritto del debitore ad ottenere un termine per la presentazione di una procedura concorsuale negoziale

 

XI) Sulla legittimazione del Pubblico Ministero a chiedere il fallimento

 

XII) Sulla fallibilità in caso di sussistenza di crediti temporaneamente inesigibili ex art. 20 L. 44/1999

 

XIII) Sulla dichiarazione di fallimento anche senza previa risoluzione dell’A.D.R.

 

XVI) Sulla responsabilità del liquidatore nei confronti dei creditori sociali

Legge Fallimentare Completa
TITOLO I
Disposizioni generali
 
TITOLO II
Del fallimento
 
TITOLO III
Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione

TITOLO IV
Dell’ammissione controllata

TITOLO V
Della liquidazione coatta amministrativa

TITOLO VI
Disposizioni penali

TITOLO VII
Disposizioni transitorie
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