Giurisprudenza Ordinata Cronologicamente
Sull’estensione dei poteri istruttori del giudice nel procedimento prefallimentare Cassazione civile, sez. VI, 16 febbraio 2012, n. 2290
“Residua in capo al tribunale, pur quando sia venuta meno l’iniziativa di apertura del procedimento, la facoltà di effettuare una istruzione officiosa attraverso la richiesta di informazioni urgenti di cui all’articolo 15, comma 4, L.F., la valutazione dei ricavi lordi in qualunque modo risultino e il ricorso a mezzi di prova d’ufficio nel giudizio di reclamo ex articolo 18 L.F. Tale istruzione però trova limite e definizione nei fatti oggetto delle allegazioni difensive delle parti, poiché il novellato articolo 1 L.F. pone a carico del debitore l’onere di provare di essere esente da fallimento. In questo senso, il Tribunale svolge un ruolo di supplenza che non essendo rimesso a presupposti vincolanti, rinvia ad una valutazione del giudice di merito – non sindacabile – in tema di completezza del materiale probatorio, scelta di quello utile alla definizione dell’istruttoria e concreta acquisibilità e rilevanza decisoria”. (massima redazionale)

Cassazione civile sez. VI – 16/2/2012 n. 2290

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. SALME' Giuseppe- Presidente
- Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere
- Dott. BERNABAI Renato - Consigliere
- Dott. RAGONESI Vittorio - rel. Consigliere
- Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 21214/2010 proposto da:
COMAEL SRL (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 2/4, presso VILLA MARIGNOLI - Studio avvocato CANONACO Paolo - che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato FUNARI PIETRO, giusta mandato a margine del ricorso; - ricorrente -
contro
FONDIARIA SAI SPA, CURATELA FALLIMENTO COMAEL SRL; - intimate - avverso la sentenza n. 602/2 009 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO del 20.7.09, depositata il 31/07/2009; udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/01/2012 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONESI. E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.

La Corte:
FATTO
FATTO E DIRITTO
rilevato che sul ricorso n. 21214/10 proposto da CO.MA.EL srl il consigliere relatore ha depositato la relazione che segue. il relatore Cons. Ragonesi, letti gli atti depositati: considerato: che la Co.ma.el ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi avverso la sentenza n. 609/09 della Corte d'appello di Catanzaro con cui veniva confermata la sentenza dichiarativa di fallimento pronunziata dal tribunale di Cosenza; che il fallimento intimato non ha svolto attività difensiva. Osserva: Con il primo motivo di ricorso il società ricorrente deduce la violazione della L. Fall., art. 1, contestando a che la Corte d'appello abbia ritenuto che la prova della insussistenza delle condizioni di fallimento fosse a suo carico e non abbia esercitato il suo potere di accertamento ufficioso L. Fall., ex art. 15. Inoltre prospetta una questione di illegittimità costituzionale della L. Fall., art. 1. Il motivo è manifestamente infondato. Questa Corte ha già chiarito che la L. Fall., art. 1, comma 2, nel testo modificato dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, pone a carico del debitore l'onere di provare di essere esente dal fallimento, così gravandolo della dimostrazione del non superamento congiunto dei parametri ivi prescritti, mentre il potere di indagine officiosa è residuato in capo al tribunale, pur dopo l'abrogazione dell'iniziativa d'ufficio e tenuto conto dell'esigenza di evitare la pronuncia di fallimenti ingiustificati, potendo il giudice tuttora assumere informazioni urgenti, L. Fall., ex art. 15, comma 4, utilizzare i dati dei ricavi lordi in qualunque modo essi risultino e dunque a prescindere dalle allegazioni del debitore, L. Fall., ex art. 1, comma 2, lett. b), assumere mezzi di prova officiosi ritenuti necessari nel giudizio di impugnazione L. Fall., ex art. 18. Tale ruolo di supplenza, volgendo a colmare le lacune delle parti, è però necessariamente limitato ai fatti da esse dedotti quali allegazioni difensive ma non è rimesso a presupposti vincolanti, richiedendo una valutazione del giudice di merito competente circa l'incompletezza del materiale probatorio, l'individuazione di quello utile alla definizione del procedimento, nonchè la sua concreta acquisibilità e rilevanza decisoria (Cass. 17281/2010). E' evidente che la valutazione del giudice di esperire accertamenti officiosi è ampiamente discrezionale e il mancato esercizio di detto potere non è soggetto a sindacato di legittimità in un caso come quello di specie in cui la società ricorrente non ha nel ricorso precisato in alcun modo quale attività inquisitoria fosse stata richiesta o allegata come necessaria, dal momento che il potere in questione riveste una funzione puramente integrativa e chiarificatrice di situazioni di incertezza mentre non comporta comunque che il giudice possa sostituire di propria iniziativa all'onere probatorio gravante sul debitore. Quanto alla questione di costituzionalità che sembra prospettarsi, la stessa è inammissibile non esponendo il ricorso le argomentazioni e le ragioni per cui la norma presenterebbe aspetti di incostituzionalità, che comunque non si rilevano. Con il secondo motivo si contesta la sussistenza dello stato d'insolvenza, lo stesso è inammissibile. A fronte della specifica motivazione della sentenza secondo cui il rilevante debito di Euro 250.000,00 era insoluto da oltre due anni e la società non aveva attivo ed era inattiva da oltre tre anni, la ricorrente muove una serie di considerazioni con le quali si tende a censurare il merito della decisione prospettando una diversa interpretazione degli elementi acquisiti in giudizio. Aggiungasi, come ulteriore ragione d'inammissibilità, che il motivo si basa su alcuni documenti (bilanci 2005-2006-2007, relazione dell'amministratore rinuncia dei soci ai crediti per anticipazioni) di cui, in violazione del disposto di cui all'art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., non viene indicato dove siano reperibili tra gli atti del processo e che non risultano essere stati depositati unitamente al ricorso (v. Cass. 2966/11; Cass. 20535/09). Il ricorso può pertanto essere trattato in camera di consiglio ricorrendo i requisiti di cui all'art. 375 c.p.c..
P.Q.M.
. Rimette il processo al Presidente della sezione per la trattazione in Camera di consiglio. Roma 11.7.11 Il Cons. relatore. Considerato che non emergono elementi che possano portare a diverse conclusioni di quelle rassegnate nella relazione di cui sopra e che pertanto il ricorso va rigettato, nulla spese.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2012. Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2012
Norma

Art. 1 L.F. Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo


I.
Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici.

II.
Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:

a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;

b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;

c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.

III.
I limiti di cui alle lettere a), b e c) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento.

 

(1) Articolo sostituito dall’art. 1 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, pubb. in Gazz. Uff. 16 ottobre 2007, n. 241, con effetto dal 1° gennaio 2008. La norma si applica ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data del 1° gennaio 2008, nonché alle procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente (per il regime transitorio vedi art. 22 D.Lgs. cit.).

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Art. 1 L.F. Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo

 

III) Sulla fallibilità delle società partecipate dagli enti locali

 

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XI) Sulla legittimazione del Pubblico Ministero a chiedere il fallimento

 

XII) Sulla fallibilità in caso di sussistenza di crediti temporaneamente inesigibili ex art. 20 L. 44/1999

 

XIII) Sulla dichiarazione di fallimento anche senza previa risoluzione dell’A.D.R.

 

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Disposizioni penali

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