Sul provvedimento con cui il giudice autorizza il debitore al compimento di atti di straordinaria amministrazione
Cassazione civile, sez. VI, 7 luglio 2011, n. 15074
“Il provvedimento del tribunale che respinge il reclamo proposto avverso il decreto col quale il giudice delegato nel procedimento di concordato preventivo, antecedente all’omologazione, autorizzi il debitore al compimento di atti di disposizione di beni di sua proprietà, non è suscettibile di ricorso per Cassazione ex articolo 111 Cost., trattandosi di provvedimento, con funzioni tutorie ed integrative dei poteri negoziali del debitore medesimo – il quale in questa fase conserva l’amministrazione dei propri beni e l’esercizio dell’impresa – che non decide su diritti soggettivi e non pregiudica il diritto dell’interessato a far valere le proprie ragioni in sede contenziosa, impugnando direttamente l’atto negoziale”. (massima ufficiale)
Cassazione civile sez. VI - 7/7/2011 n. 15074 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. PLENTEDA Donato - Presidente
- Dott. RORDORF Renato - rel. Consigliere
- Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere
- Dott. BERNABAI Renato - Consigliere
- Dott. ZANICHELLI Vittorio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 13168/2010 proposto da: FRANCHI INDUSTRIE MECCANICHE SPA (OMISSIS), in persona del Presidente pro tempore, in proprio e quale mandataria dell'ATI dalla medesima partecipata e costituita, unitamente alla SMI ITALIA SRL, ed alla GESTWORKS di Tonnarello Letterio, oggi GESTWORKS SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VARRONE 9, presso lo studio dell'avvocato VANNICELLI Francesco, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MASSIMILIANO MANNA, giusta delega in calce al ricorso; - ricorrente -
contro
Liquidazione Giudiziale della COGEL SPA in liquidazione in concordato preventivo, in persona del Commissario Liquidatore e per la COGEL SPA in liquidazione in concordato preventivo in persona del liquidatore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEI CONDOTTI 91, presso lo studio dell'avvocato CAPPIELLO Raffaele, che le rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso; - controricorrenti - avverso il provvedimento n. 62587/09 del TRIBUNALE di ROMA del 10/02/10, depositato il 11/02/2010; udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RENATO RORDORF; udito l'Avvocato Cinzia Maria Cinquemani (delega avv. Francesco Vannicelli), difensore della ricorrente che si riporta agli scritti; udito l'Avvocato Cappiello Raffaele, difensore delle controricorrenti che si riporta agli scritti; è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il relatore designato a norma dell'art. 377 c.p.c., ha depositato una relazione del seguente tenore: "1. Il Tribunale di Roma, con decreto depositato l'11 febbraio 2010, ha rigettato il reclamo proposto dalla Franchi Industrie Meccaniche s.p.a. contro l'autorizzazione alla vendita di un ramo d'azienda della CO.GE.L. s.p.a., disposta dal giudice delegato nell'ambito della procedura di concordato preventivo alla quale quest'ultima società era stata ammessa. Avverso tale decreto la Franchi Industrie Meccaniche ha proposto ricorso per cassazione, cui il commissario liquidatore della società intimata ha resistito con controricorso. 2. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., poichè ne è prospettabile l'inammissibilità. La stessa ricorrente si è preliminarmente interrogata sull'ammissibilità di un ricorso per cassazione proposto, a norma dell'art. 111 Cost., comma 7, avverso un decreto come quello in esame, ed ha ritenuto di poter dare risposta positiva richiamando la giurisprudenza di questa corte a tenore della quale sono ricorribili per cassazione i provvedimenti emessi dal tribunale in sede di reclamo contro decreti del giudice delegato idonei ad incidere con effetti di giudicato su situazioni di diritto soggettivo. Non sembra esser questa, però, la situazione che si determina con riguardo all'autorizzazione emessa dal giudice delegato a norma della L. Fall., art. 167, comma 2, nella fase del procedimento di concordato preventivo antecedente all'omologazione. Siffatta autorizzazione, evidentemente, non va confusa con gli eventuali provvedimenti emessi dal giudice delegato in ordine alla vendita dei beni del debitore ceduti ai creditori all'esito dell'intervenuta omologazione di un concordato preventivo che lo preveda (sulla ricorribilità per cassazione di tali provvedimenti si veda sez. un. n. 19506 del 2008). Prima dell'omologazione del concordato, quando tratti di atti di disposizione compiuti dal medesimo debitore, questa corte ha ripetutamente affermato che non è suscettibile di ricorso per cassazione il provvedimento del tribunale che abbia respinto il reclamo proposto avverso il decreto col quale il giudice delegato aveva autorizzato il debitore al compimento dei predetti atti di disposizione, trattandosi di provvedimento con funzioni tutorie ed integrative dei poteri negoziali del debitore medesimo, il quale in questa fase conserva l'amministrazione dei propri beni e l'esercizio dell'impresa: sicchè il provvedimento del giudice non decide su diritti soggettivi e non pregiudica il diritto dell'interessato di far valere le proprie ragioni in sede contenziosa impugnando direttamente l'atto negoziale (si vedano Cass. n. 4408 del 1991, n. 4260 del 1995, n. 92 del 1998 e, con riferimento all'analogo provvedimento emesso nella procedura di amministrazione concordata, sez. un. n. 2271 del 1984). Il ricorso non offre argomenti per discostarsi da tale consolidato orientamento, non intaccato dalle modifiche apportate di recente dal legislatore alla normativa concorsuale". La corte condivide tali considerazioni, in ordine alle quali nessuna osservazione è stata formulata con memorie e che non sono state significativamente contestate neppure in sede di discussione orale. Giova solo aggiungere che nel ricorso si fa cenno anche ad un preteso errore materiale commesso dal giudice del merito nella liquidazione delle spese di causa. Ma di tale preteso errore, appunto perchè solo materiale, non mette conto in questa sede occuparsi. Ne consegue la declaratoria d'inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
Diritto
P.Q.M.
La corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge. Così deciso in Roma, il 26 maggio 2011. Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2011