Giurisprudenza Ordinata Cronologicamente

Consiglio di Stato, sez. III, 21 ottobre 2013, n. 5101

Sulla capacità processuale del liquidatore
Consiglio di Stato, sez. III, 21 ottobre 2013, n. 5101

“Diversamente dal fallimento, nel concordato preventivo con cessione dei beni l’imprenditore rimane in bonis e non perde la capacità processuale, con la conseguenza che egli è il solo legittimato rispetto alle controversie concernenti i crediti concorsuali, mentre la legittimazione del liquidatore sussiste solo per le controversie che investono lo scopo liquidatorio della procedura in questione, essendo limitata quindi ai rapporti obbligatori sorti nel corso ed in funzione delle relative operazioni; ne consegue che nei giudizi del primo tipo, relativi alle pretese creditorie estranee e precedenti alle operazioni di liquidazione, il liquidatore non è un litisconsorte necessario quanto, semmai, un possibile interventore adesivo, il cui intervento facoltativo si può giustificare in ragione delle possibili conseguenze che indirettamente l’esito della lite può determinare sulle operazioni concordatarie”. (in www.dejure.it) “L’atto amministrativo d’imposizione tributaria, emesso nei confronti di una società ammessa al concordato preventivo con cessione dei beni, deve essere notificato solo al rappresentante legale e non anche al liquidatore”. (in
www.dejure.it)
Consiglio di Stato sez. III - 21/10/2013 n. 5101

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3309 del 2009, proposto da: Liquidazione Giudiziale dei Beni della Federazione Consorzi Agrari s.c. a r.l. ceduti ai creditori, in persona del Liquidatore giudiziale pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Eugenio Picozza, presso il cui studio ha eletto il domicilio in Roma, via San Basilio, 61; contro Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12; nei confronti di Federazione Italiana Consorzi Agrari Soc. Coop. in Liquidazione, in persona del Commissario liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Eugenio Picozza, presso il cui studio ha eletto il domicilio in Roma, via San Basilio, 61 per la riforma della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: sezione II TER n. 3273/2008, resa tra le parti, concernente l'annullamento in autotutela delle approvazioni dei rendiconti della gestione dei cereali importati dall'estero Visti il ricorso in appello e i relativi allegati della Liquidazione giudiziale dei beni della Federazione Consorzi Agrari; Visto l'appello incidentale della Federazione Italiana dei Consorzi Agrari Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2013 il Cons. Hadrian Simonetti, uditi per le parti appellanti l'Avvocato Eugenio Picozza e per l'appellata l'Avvocato dello Stato De Bellis; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.
La Federazione Italiana Consorzi Agrari, società cooperativa a responsabilità limitata, fu incaricata nell'immediato secondo dopoguerra della gestione, per conto del Governo italiano, degli approvvigionamenti dei cereali dall'estero per soddisfare il fabbisogno nazionale, data l'insufficienza della sola produzione interna; incarico formalizzato e disciplinato con il d.lgs. 169 del 1948, con esso prevedendosi che la liquidazione dovesse avvenire sulla base di rendiconti. In tale veste, la Federazione presentò una serie di rendiconti relativamente alle operazioni di importazione effettuate, con particolare riferimento, per quanto più rileva in questa sede, alle campagne dal 194647 al 195152, relativi alle importazioni avvenute dall'Argentina. 2.
Dopo che la Corte dei conti, con determinazione del 20.4.1989, aveva rifiutato la registrazione dei provvedimenti ministeriali con i quali in origine erano stati approvati detti rendiconti - a motivo del fatto che la Federazione non era stata in grado di esibire gli estratti conto bancari originari relativi alle operazioni di finanziamento cui era ricorsa per acquisire la liquidità necessaria per svolgere l'incarico richiesto - il Ministero dell'Agricoltura, acquisito anche un parere dell'Avvocatura dello Stato, sulla base di una determinazione generale del 3.8.1993, procedette all'annullamento in autotutela di ben 1214 precedenti decreti ministeriali, con restituzione dei rendiconti alla Federconsorzi perché provvedesse alla loro rettifica.
3.
Tale primo atto di annullamento e i successivi provvedimenti furono indirizzati e comunicati formalmente al Commissario governativo della Federazione Italiana dei Consorzi Agrari, poiché nel 1991 tale ente era stato commissariato dal Ministero vigilante, che ne aveva sciolto il consiglio di amministrazione e il collegio sindacale, nominando al vertice tre commissari governativi. Alla data dell'annullamento in autotutela, peraltro, la società era stata già ammessa al concordato preventivo, con cessione dei beni richiesto dai commissari governativi, mediante ricorso depositato il 4.7.1991, in forza della sentenza di omologazione del Tribunale di Roma, sez. fallimentare, del 5.10.1992, con la quale si era anche proceduto alla nomina, come liquidatore dei beni, della stessa società debitrice, in persona del commissario avv. Stefano D'Ercole, motivando tale scelta per una particolare ragione di convenienza. 4.
Nel corso del 1994 e del 1995 la società Federconsorzi, che già in persona del suo legale rappresentante pro tempore aveva impugnato dinanzi al Tar del Lazio la ricordata determinazione del 3.8.1993, propose una serie di ricorsi straordinari avverso i provvedimenti ministeriali di annullamento, emessi nel corso del 1994. 4. Tali ricorsi straordinari, una volta riuniti, furono respinti, con d.p.r. del 16.1.2001, sulla base del parere reso dalla seconda sezione del Consiglio di Stato con il quale erano state condivise le motivazioni frattanto poste dal Tar Lazio, sentenza n. 3110/2000, a fondamento della reiezione del ricorso proposto in sede giurisdizionale avverso la richiamata determinazione del 3.8.1993. Ciò sul fondamentale rilievo che l'annullamento d'ufficio si era reso necessario a seguito dal rifiuto di registrazione opposto dalla Corte dei Conti e sul presupposto che, in simile ipotesi, l'autotutela non fosse espressione di un potere discrezionale quanto piuttosto vincolato, con la conseguente irrilevanza, tra l'altro, della dedotta omessa comunicazione dell'avvio del procedimento.
5.
La liquidazione giudiziale dei beni di Federconsorzi ha impugnato il d.p.r. dinanzi al Tar del Lazio deducendo, in via preliminare, la violazione del contraddittorio, lamentando il fatto di non essere stata parte del procedimento originato dal ricorso straordinario, il che la legittimerebbe ad impugnare il d.p.r. senza essere limitata ai soli vizi di forma e di procedura successivi all'emanazione del parere; e nel merito, l'erroneità della decisione sia quanto all'applicazione delle norme e dei principi sulle modalità di rendicontazione che con riferimento alla partecipazione procedimentale e alla materia dell'annullamento d'ufficio degli atti amministrativi.
5.1.
Il d.p.r. è stato altresì impugnato anche dalla Federconsorzi, in persona del legale rappresentante, tra l'altro censurandone il contrasto con la sopravvenuta sentenza n. 5240/2007 del Consiglio di Stato che ha riformato la citata sentenza Tar n. 3110/2000, richiamata nel parere consultivo.
5.2.
Il Tar, con sentenza n. 3273/2008, ha giudicato inammissibili tutti i motivi dedotti, sul rilievo che la liquidazione giudiziale non fosse legittimata ai sensi e ai fini dell'art. 10 del d.p.r. 1199/1971, non assumendo la veste di controinteressato pretermesso bensì quella di cointeressato all'annullamento dei provvedimenti a suo tempo impugnati, dalla Federconsorzi, con ricorso straordinario; e che Federconsorzi non potesse, per la nota regola generale dell'alternatività, rimettere in discussione questioni sulle quali già si era pronunciato il Consiglio di Stato in sede consultiva, nel corso del procedimento del ricorso straordinario.
6.
La liquidazione giudiziale ha proposto appello avverso la sentenza del Tar.
6.1.
Con esso ribadisce, una volta di più, come il liquidatore giudiziale non fosse stato a conoscenza dei provvedimenti di autotutela adottati negli anni 19931994 e per questo non avesse potuti impugnarli con ricorso straordinario, né fosse stato reso edotto della pendenza di tale procedimento, benché dovesse applicarsi anche nei propri confronti l'art. 10 del d.p.r. 1199/1971. A tal riguardo la difesa per un verso sostiene la possibilità di un'interpretazione evolutiva, ovvero conforme a Costituzione, dell'art. 10 citato e, in subordine, chiede che sia sollevata questione di legittimità costituzionale, citando come modello, in materia, la sentenza 148/1982 della Corte costituzionale. La questione è estesa anche agli art. 15, sempre del d.p.r. 1199, e al nuovo art. 48 del c.p.a., ove interpretato nel senso di non comprendere, tra i soggetti legittimati all'opposizione ivi prevista, anche il cointeressato.
6.2.
Una volta riconosciuta la legittimazione all'impugnazione, nel merito ripropone le censure già dedotte e non esaminate in primo grado, compreso anche il mancato accertamento dell'invalidità caducante dei provvedimenti ministeriali impugnati, quale conseguenza dell'annullamento del primo atto da parte della sentenza n. 5240/2007 del Consiglio di Stato.
6.3.
Ha proposto appello incidentale anche la Federconsorzi, in persona del Commissario liquidatore, che, assistita dallo stesso difensore dell'appellante principale, ha dedotto motivi di appello in massima parte coincidenti.
6.4.
Si è costituito il Ministero delle Politiche Agricole, replicando con articolate difese che la Liquidazione giudiziale non rivestirebbe la posizione di litisconsorte necessario, in quanto cointeressato all'annullamento di atti che sarebbe stato suo onere impugnare a suo tempo, una volta che ne avesse avuto conoscenza.
6.5.
All'udienza pubblica del 10.10.2013, in vista della quale le difese hanno depositato ulteriori memorie, anche in replica, e dove è stato acquisito agli atti il ricorso straordinario, la causa è stata discussa ed è passata in decisione.
7.
Il Collegio preliminarmente osserva come l'intera linea difensiva dell'odierna appellante principale muove dall'assunto di non avere avuto, a suo tempo, tempestiva conoscenza dell'annullamento in autotutela dell'originaria approvazione dei rendiconti disposto nel lontano 1994.
7.1.
Questo perché, come risulta documentalmente, tutti gli atti in autotutela furono comunicati formalmente alla sola Federazione Italiana dei Consorzi Agrari, in un'epoca - si era negli anni 19931994 - nella quale tale società era stata già ammessa dal concordato preventivo e già era stato nominato il liquidatore giudiziale dei beni, individuato in principio (sino a dicembre del 1995, quando venne nominato liquidatore il Prof. Cataudella) nella stessa persona del commissario governativo, l'Avv. Stefano D'Ercole.
7.2.
La circostanza che, al momento dell'adozione degli atti di annullamento d'ufficio, la stessa persona fisica ricoprisse entrambe le cariche, di Commissario governativo e di Liquidatore giudiziale dei beni - avendo il Tribunale fallimentare di Roma nella sentenza 11841/1992, con decisione al tempo certamente innovativa, attribuito la funzione di liquidatore alla stessa società debitrice e, per essa, al suo rappresentante legale pro tempore - non vale, per l'odierna appellante, a fondare (quanto meno) la ragionevole presunzione di una conoscenza comunque effettiva di detti atti.
7.3.
Si tratta di una prospettiva che enfatizza il dato formale - la mancata comunicazione alla Liquidazione giudiziale - e che invece sminuisce del tutto il fatto storico che in quel momento (e tale situazione si sarebbe protratta per oltre tre anni, sino al 2.12.1995) nella stessa persona del Commissario governativo di Federconsorzi si sommassero anche le funzioni liquidatorie della massa dei beni.
7.4.
Si tratta di una prospettiva, innegabilmente formale, che questo Consiglio di Stato, nella sentenza n. 5240/2007, in qualche modo è sembrato condividere, ritenendo che la Liquidazione non avesse avuto conoscenza della determinazione generale del 3.8.1993 se non, in quel caso, dopo che il ricorso proposto al Tar da Federconsorzi era stato, a distanza di anni, respinto; e che ciò legittimasse la liquidazione, atteso che a tale giudizio di primo grado non aveva partecipato, ad impugnarne la sentenza. 7.5.
La unicità del soggetto, che all'epoca dei fatti veniva a cumulare alla originaria qualità di debitore ancora in bonis e per questo capace processualmente anche qualità e funzioni di liquidatore, è stata invece attentamente valorizzata in più di un precedente della Suprema Corte, che ha visto coinvolti sempre la Federconsorzi e la Liquidazione giudiziale dei beni (ma non il Ministero delle Politiche Agricole), affermandosi in almeno due occasioni che il contraddittorio, formalmente proposto nei confronti solo della prima, fosse da ritenersi correttamente instaurato anche nei confronti della seconda, "senza necessità di alcuna integrazione e con possibilità di ampia difesa sotto tutti i profili" (v. Cass. sez. lav., n. 10250/2004 e 10250/2001). 7.6.
Anche a non voler considerare tali pronunce, in ogni caso si deve comunque sottolineare come la sentenza del Consiglio di Stato 5240/2007 non abbia annullato con rinvio la decisione del Tar ai sensi dell'allora vigente art. 35 l. 1034/1971 (cui ora corrisponde, in buona parte, l'art. 105 del c.p.a.), come ovviamente avrebbe dovuto fare ove avesse riconosciuto nella Liquidazione giudiziale un litisconsorte necessario o un controinteressato pretermesso, così implicitamente negandole tale qualità di parte necessaria. Tale rilievo non è di poco conto, in quanto - passando ad esaminare più da vicino la controversia qui in esame - contraddice la tesi difensiva per la quale questo Giudice sarebbe oramai vincolato dal giudicato di cui alla sentenza 5240/2007 e dovrebbe inferirne la natura di litisconsorte necessario della liquidazione giudiziale. 7.7.
Tale tesi sarebbe peraltro revocabile in dubbio anche su altre basi. Infatti, applicando lo stesso metro formale al quale si ispira l'appello nell'escludere che la Liquidazione avesse avuto in origine (la benché minima) conoscenza dell'autotutela, si dovrebbe rimarcare come la presente controversia verta pur sempre su atti diversi e che tali rimangono, per quanto le vicende presentino nella sostanza una forte analogia, senza che perciò l'annullamento del primo comporti per ciò solo l'invalidità caducante dei successivi, come pure teorizzato dalla difesa appellante per invocare, su tale presupposto, persino la cessazione della materia del contendere.
7.8.
Deve quindi circoscriversi il giudicato, in parte qua, alla sola - e peraltro incontestabile - affermazione che il provvedimento del 3.8.1993 non fu comunicato distintamente alla Liquidazione giudiziale.
7.9.
Il che vale ad escludere che il Giudice di primo grado, con la sentenza impugnata in questa sede, abbia violato l'art. 395 c.p.c. o che dovesse per forza decidere con sentenza in forma semplificata, come dedotto dalla difesa appellante con il secondo motivo.
8.
Ciò posto, a ben considerare, la sentenza del Consiglio di Stato 5240/2007 non stabilisce neppure che l'originario provvedimento dovesse essere necessariamente comunicato distintamente alla Liquidazione, non affrontando il tema più generale, e tuttavia preliminare in senso sia logico che giuridico, della natura dell'interesse della Liquidazione a prendere parte al giudizio e del tipo di litisconsorzio in ipotesi rinvenibile nel caso di specie.
8.1.
Si tratta di un profilo rimasto in ombra nel presente contenzioso, relativo alla peculiare posizione che occupa la Liquidazione giudiziale nella procedura di concordato preventivo con cessione dei beni, e sul quale si è peraltro andata formando una giurisprudenza della Corte di Cassazione assai ricca ed articolata, in più di un'occasione originata proprio dalla vicenda della Federconsorzi.
8.2.
La giurisprudenza di legittimità prevalente, muovendo dalla premessa che, diversamente dal fallimento, nel concordato preventivo con cessione dei beni l'imprenditore rimane in bonis e non perde la capacità processuale, ritiene che tale soggetto sia il solo legittimato rispetto alle controversie concernenti i crediti concorsuali; e che, di contro, la legittimazione del liquidatore sussista solo per le controversie che investono lo scopo liquidatorio della procedura in questione, essendo limitata quindi ai rapporti obbligatori sorti nel corso ed in funzione delle relative operazioni. Ne consegue, seguendo questa impostazione di massima, che nei giudizi del primo tipo, relativi alle pretese creditorie estranee e precedenti alle operazioni di liquidazione, il liquidatore non è un litisconsorte necessario quanto, semmai, un possibile interventore adesivo, il cui intervento facoltativo si può giustificare in ragione delle possibili conseguenze che indirettamente l'esito della lite può determinare sulle operazioni concordatarie (v. Cass., sez. III, n. 13340/2013 e 8102/2013; dove la seconda sentenza citata esclude persino che il liquidatore possa essere considerato un successore a titolo particolare del debitore). La sezione osserva come, facendo applicazione di questa impostazione, si è anche affermato, sul piano procedimentale, nei rapporti con i pubblici poteri, che l'atto amministrativo (di imposizione tributaria) emesso nei confronti di una società ammessa al concordato preventivo con cessione dei beni debba essere notificato nei soli confronti del rappresentante legale e non anche del liquidatore (v. Cass., sez. trib., n. 13340/2009).
8.3.
Se questo è, in tema di legittimazione del liquidatore giudiziale dei beni, l'orientamento giurisprudenziale prevalente (ancorché - il Collegio ne è consapevole - non unanime, v. Cass. I, n. 17748/2009) della Suprema Corte, al quale la Sezione intende uniformarsi, deve escludersi che la sua posizione possa essere ricostruita, nel caso di specie, nei termini di un litisconsorte necessario nei cui confronti fosse indispensabile integrare il contraddittorio a norma dell'art. 102 c.p.c., e che altrimenti sarebbe stato legittimato, almeno in astratto, a proporre opposizione di terzo ai sensi dell'art. 404 c.p.c. (da qui l'irrilevanza della questione di legittimità costituzionale prospettata con riferimento all'art. 15 del d.p.r. 1199/1971 che tale rimedio non contempla).
8.4.
Alla Liquidazione può essere al più riconosciuta, in conformità all'impostazione seguita dalla Suprema Corte e condivisa dal Collegio, la qualità di interventrice adesiva, che tuttavia non la legittima a proporre l'opposizione di terzo. Deve infatti ricordarsi che, in linea generale, l'interventore adesivo non può proporre opposizione di terzo, ai sensi dell'art. 404 c.p.c., tranne nell'ipotesi in cui egli, intervenuto nel primo grado di giudizio, non sia stato poi evocato in quello di appello, poiché il litisconsorzio necessario di ordine processuale tra le parti principali del giudizio e tale figura di interventore, che giustifica l'opposizione del terzo illegittimamente pretermesso, si determina solo in seguito al suo effettivo intervento in una precedente fase del giudizio, dal cui prosieguo venga poi escluso (v., sul punto e proprio con riferimento alla figura del liquidatore nel concordato preventivo con cessione dei beni, Cass., sez. III, n. 16534/2012, dalla quale si evince a contrario il principio appena affermato). Ma, nel caso di specie, la Liquidazione non intervenne nel procedimento originato dalla proposizione del ricorso straordinario, sicché essa comunque non potrebbe invocare l'esperimento di tale rimedio né può, più in generale, lamentare alcuna violazione essenziale del contraddittorio.
8.5.
Contro un tale rilievo non vale neppure opporre, come pur obietta l'appellante Liquidazione, che essa non fosse a conoscenza del provvedimento impugnato dal Commissario in sede di ricorso straordinario, il che le avrebbe impedito di intervenire nel conseguente procedimento giustiziale, poiché un simile argomento è tautologico, al di là della sua pur discutibile valenza formale, e pone quale premessa proprio la conclusione, che in ipotesi si vorrebbe dimostrare, e cioè che ella dovesse essere informata del provvedimento, impugnato poi dal solo Commissario, mentre non ne fu messa al corrente. Ma proprio questa premessa, a ben riflettere, è rimasta indimostrata, perché infondata in diritto, se non anche in fatto, nel caso di specie, per la coincidenza dei due ruoli nella medesima persona al tempo della proposizione dei ricorsi straordinari. Del resto la necessità che la Liquidazione dovesse essere messa a parte del procedimento, come si è già osservato, non è stata affermata nemmeno dalla sentenza n. 5240/2007, che, al riguardo, si è limitata ad affermare che la Liquidazione non ne fu informata e soprattutto, come pur si è detto, non ne ha tratto alcuna decisiva conseguenza sul piano processuale.
8.6.
Ciò posto, anche prescindendo dalle considerazioni appena svolte, si deve pur sempre rilevare come il Tar, nella sentenza qui impugnata, abbia definito il liquidatore giudiziale un cointeressato all'annullamento degli atti di autotutela che, come tale, avrebbe potuto impugnare autonomamente, nel rispetto del generale termine di decadenza.
8.7.
Non avendo a suo tempo proposto una simile impugnazione (a meno di seguire il criterio sostanzialistico della sopra citata Cass. 10250/2004, che, in quel caso, in un'azione proposta all'indomani dell'ammissione al concordato preventivo, aveva valutato che il rappresentante legale di Federconsorzi avesse invece agito anche nella veste di liquidatore - v., nello stesso senso, l'istanza del Liquidatore giudiziale pro tempore Prof. Enrico Gabrielli del 9.2.2001, citata in atti, dove si legge, a proposito del ricorso al Tar avverso la determinazione del 3.8.1993 ma con ragionamento estensibile anche i ricorsi straordinari qui in esame, che l'impugnazione "fu da essa esercitata non solo in proprio, ma anche nell'esplicazione delle funzioni liquidatorie"), trattandosi di un cointeressato, per la giurisprudenza amministrativa consolidata non si poneva un problema di violazione del contraddittorio.
8.8.
Vale infatti ricordare come, all'epoca, si escludeva che nel processo amministrativo fosse possibile l'intervento adesivo del cointeressato, nella convinzione che ammetterlo avrebbe significato eludere i termini perentori di decadenza, e si escludevano anche l'intervento su istanza di parte e quello coatto per ordine del giudice. Queste barriere sono state rimosse (in parte) solamente in occasione dell'adozione del codice del processo amministrativo, a distanza di oltre dieci anni dalla decisione sui ricorsi straordinari in questione, non senza precisare, peraltro, che l'intervento adesivo è ammesso a condizione che avvenga prima che si consumi il termine per impugnare (cfr. art. 28, co. 2).
8.9.
A maggior ragione nel ricorso straordinario, quanto meno dell'epoca, la natura di cointeressato non imponeva alcuna integrazione del contraddittorio, neppure per consentire l'eventuale esercizio della facoltà di opposizione di cui all'art. 10 del d.p.r. 1199/1971, riconosciuta solamente ai cointrointeressati e alle amministrazioni resistenti non statali (v. Cons. St., VI, n. 725/1988; Tar Lazio, Roma, III, n. 338/1991). In questo quadro, del tutto consolidato, la lettura dell'art. 48 c.p.a. che la difesa appellante propone e che parrebbe trovare riscontro nella sentenza n. 9/2013 dell'Adunanza plenaria di questo Consiglio - nel senso che la previsione codicistica imporrebbe ora di estendere il contraddittorio a tutte le possibili parti, necessarie o meno che siano, per consentire a tutti di proporre opposizione - sempre che trovi conferma nella giurisprudenza successiva, sarebbe comunque destinata a trovare applicazione per il futuro e non certo per i procedimenti del passato, già conclusi da oltre un decennio (v. Cons. St., Ad. gen., n. 4520/2011).
8.10.
Né il diritto vivente applicato nel tempo in cui si svolse il procedimento di ricorso straordinario genera dubbi di legittimità costituzionale. Infatti, anche a voler mutuare il modello di contraddittorio seguito nel processo in senso stretto, si è già visto come, prima del codice, la giurisprudenza amministrativa tendesse ad escludere che potessero partecipare al giudizio i cointeressati e comunque non ne prevedeva come necessaria la loro intimazione.
9.
Tutto questo conduce a ribadire, anche in questa sede, come - assumendo sempre che la Liquidazione giudiziale non abbia partecipato al procedimento del ricorso straordinario per cui si controverte - una simile assenza non vale ad inficiarne l'esito e non consente di impugnarne la decisione finale, non essendo la sua posizione equiparabile e neppure assimilabile a quella di un controinteressato pretermesso. 9.1.
Tale preclusione costituisce, come noto, un precipitato del principio dell'alternatività tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale, principio che, anche per evitare che il Consiglio di Stato abbia a pronunciarsi due volte sul merito della stessa questione, "tollera" un'impugnazione dinanzi al giudice amministrativo per i soli vizi di forma e di procedimento propri della decisione, senza che sia possibile rimetterne in discussione il contenuto (Cons. St., IV, n. 125/2011; VI, n. 3831/2006), fatta eccezione per la sola ipotesi dell'omessa integrazione del contraddittorio nei confronti di una parte necessaria
9.2.
Sicché è inammissibile non solo l'impugnazione proposta dalla Liquidazione giudiziale (perché non era da considerare parte necessaria), ma anche quella della Federazione Italiana dei Consorzi Agrari, siccome preordinata a contestare, in ultima analisi, il parere espresso dalla sezione consultiva del Consiglio di Stato e posto alla base di una decisione cui, scegliendo la via del ricorso straordinario, per autonoma e libera scelta aveva in origine deciso di rimettersi, così rinunciando consapevolmente agli altri mezzi di tutela.
10.
In conclusione, per tutte le ragioni sin qui evidenziate, tanto l'appello principale quanto quello incidentale sono da respingere, confermandosi la sentenza con essi impugnata, sebbene con una motivazione, come veduto, parzialmente diversa.
1.1.
La complessità e la novità delle questioni giustificano la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, principale ed incidentale, li respinge entrambi. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2013. DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 21 OTTOBRE 2013
Norme

Art. 182 L.F. Cessioni


I.
Se il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone diversamente, il tribunale nomina nel decreto di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione. In tal caso, il tribunale dispone che il liquidatore effettui la pubblicità prevista dall’articolo 490, primo comma, del codice di procedura civile e fissa il termine entro cui la stessa deve essere eseguita (2).
II.
Si applicano ai liquidatori gli articoli 28, 29, 37, 38, 39 e 116 in quanto compatibili.
III.
Si applicano al comitato dei creditori gli articoli 40 e 41 in quanto compatibili. Alla sostituzione dei membri del comitato provvede in ogni caso il tribunale.
IV.
Le vendite di aziende e rami di aziende, beni immobili e altri beni iscritti in pubblici registri, nonché le cessioni di attività e passività dell’azienda e di beni o rapporti giuridici individuali in blocco devono essere autorizzate dal comitato dei creditori.
V.
Alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo, si applicano gli articoli da 105 a 108-ter in quanto compatibili. La cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo, sono effettuati su ordine del giudice, salvo diversa disposizione contenuta nel decreto di omologazione per gli atti a questa successivi (3).
VI. Si applica l’articolo 33, quinto comma, primo, secondo e terzo periodo, sostituendo al curatore il liquidatore, che provvede con periodicità semestrale dalla nomina. Quest’ultimo comunica a mezzo di posta elettronica certificata altra copia del rapporto al commissario giudiziale, che a sua volta lo comunica ai creditori a norma dell’articolo 171, secondo comma.
 

 

(1) L’art. 2, comma 2, lett. a) del D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n. 132, ha così sostituito la rubrica precedente “Provvedimenti in caso di cessione di beni”.
(2) Periodo aggiunto dall’art. 2, comma 2, lett. b) del D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n. 132.
(3) Comma sostituito dall’art. 2, comma 2, lett. c) del D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n. 132.
(*) Le modifiche di cui alle note 1 e 3 si applicano anche ai fallimenti e ai procedimenti di concordato preventivo pendenti alla data del 27 giugno 2015 di entrata in vigore del citato decreto legge; quelle di cui alla nota 2 si applicano decorsi trenta giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle specifiche tecniche previste dall’articolo 161-quater delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile.
Prassi


Tutta la Giurisprudenza

Art. 182 L.F. Cessioni

Art. 182 L.F. Cessioni

 

III) Sul beneficio dell’esonero dal pagamento del contributo di mobilità

 

IV) Sulla continuazione dei rapporti di lavoro in deroga all’art. 2112 c.c.

 

V) Sul trust interno quale strumento di supporto rispetto alle misure negoziali di risoluzione della crisi d'impresa

 

VI) Sull’azione di responsabilità nei confronti del liquidatore

 

VII) Sulla attività di liquidazione

 

X) Sul compenso del liquidatore giudiziale

 

XI) Sulla natura coattiva della fase attuativa del concordato

 

XII) Sulla natura giurisdizionale esecutiva degli atti esecutivi del concordato preventivo

 

XIII) Sulla legittimazione passiva nel giudizio di accertamento tributario

 

XIV) Sulla ricorribilità in cassazione dei provvedimenti in tema di vendita del tribunale

 

XV) Sull’impugnabilità dei provvedimenti del Tribunale in tema di esecuzione del concordato omologato

 

XVI) Sulla disciplina applicabile alla liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa

 

XVII) Sugli oneri di recupero e smaltimento dei rifiuti gravanti sul curatore fallimentare (e quindi anche sul liquidatore giudiziale)

 

XIX) Sulla ricorribilità in Cassazione dei provvedimenti emessi nella fase esecutiva del concordato preventivo

 

XX) Sull’incompetenza del giudice concorsuale in sede esecutiva di c.p. con cessione dei beni

Legge Fallimentare Completa
TITOLO I
Disposizioni generali
 
TITOLO II
Del fallimento
 
TITOLO III
Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione

TITOLO IV
Dell’ammissione controllata

TITOLO V
Della liquidazione coatta amministrativa

TITOLO VI
Disposizioni penali

TITOLO VII
Disposizioni transitorie
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