Sul compimento di atti in frode ai creditori
Cassazione civile sez. I , 29 luglio 2014, n. 17191
“Gli atti in frode di cui all’art. 173 L.F. si concretizzano in condotte dell’imprenditore tese all’occultamento di situazioni idonee ad influire sul giudizio dei creditori, anche allorché abbiano valenza solo potenzialmente decettiva senza quindi che rilevi la effettiva consumazione della frode. E non si identificano necessariamente con gli atti legittimanti le azioni di cui all’ art. 64 e ss L. F. ovvero con la irregolare tenuta della contabilità. Peraltro tale ultimo comportamento costituisce atto in frode quando l’imprenditore in crisi ometta scientemente, pur senza preordinazione, un dato rilevante del passivo idoneo a pregiudicare il consenso informato dei creditori. (massima redazionale) ***
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. RORDORF Renato - Presidente
- Dott. BERNABAI Renato - Consigliere
- Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere
- Dott. DI VIRGILIO Rosa Mari - rel. Consigliere
- Dott. CRISTIANO Magda - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 13941/2010 proposto da: FALLIMENTO CESIT S.R.L. - COMPAGNIA PER L'ESTRAZIONE SUCCHI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (P.I. (OMISSIS)), in persona del Curatore avv. N.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BOEZIO 14, presso l'avvocato LIBERTINI MARIO, rappresentato e difeso dall'avvocato MIRONE AURELIO, giusta procura a margine del ricorso; - ricorrente -
contro
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis; CESIT S.R.L. - COMPAGNIA PER L'ESTRAZIONE SUCCHI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (C.F. (OMISSIS)), in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 71, presso l'avvocato MAURIZIO CANFORA, rappresentata e difesa dall'avvocato FRANCHINA GAETANO, giusta procura a margine del controricorso; - controricorrenti -
contro
BEST S.R.L.; - intimata – sul ricorso 14289/2010 proposto da: CESIT S.R.L. - COMPAGNIA PER L'ESTRAZIONE SUCCHI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante prò tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 71, presso l'avvocato MAURIZIO CANFORA, rappresentata e difesa dall'avvocato FRANCHINA GAETANO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale; - controricorrente e ricorrente incidentale - contro MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, già DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis; - controricorrente al ricorso incidentale -
contro
FALLIMENTO CESIT S.R.L. - COMPAGNIA PER L'ESTRAZIONE SUCCHI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, COMMISSARIO GIUDIZIALE DEL CONCORDATO PREVENTIVO DI CESIT S.R.L. COMPAGNIA L'ESTRAZIONE SUCCHI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, BEST S.R.L.; - intimati - Nonchè da: FALLIMENTO CESIT S.R.L. - COMPAGNIA PER L'ESTRAZIONE SUCCHI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (P.I. (OMISSIS)), in persona del Curatore avv. N.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BOEZIO 14, presso l'avvocato LIBERTINI MARIO, rappresentato e difeso dall'avvocato MIRONE AURELIO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale; - controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, già DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis; - controricorrente al ricorso incidentale -
contro
CESIT S.R.L. - COMPAGNIA PER L'ESTRAZIONE SUCCHI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, COMMISSARIO GIUDIZIALE DEL CONCORDATO PREVENTIVO DI CESIT S.R.L. COMPAGNIA L'ESTRAZIONE SUCCHI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, BEST S.R.L.; - intimati - avverso la sentenza n. 373/2010 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 20/04/2010; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/05/2014 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO; udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale CESIT, l'Avvocato M. CANFORA, anche per G. FRANCHINA che si riporta; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso del Fallimento, rigetto del ricorso CESIT in liquidazione, inammissibilità altri ricorsi.
FATTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito della segnalazione del commissario giudiziale ai sensi della L. Fall., art. 173, il Tribunale di Catania, con sentenza depositata il 24/4/2009, revocava l'ammissione alla procedura di concordato preventivo della Cesit s.r.l. Compagnia per l'estrazione dei succhi s.r.l. in liquidazione e, ritenuta la sussistenza delle condizioni di legge, ne dichiarava il fallimento. La sentenza veniva reclamata dalla società, che chiedeva la revoca della dichiarazione di fallimento; il Fallimento si costituiva ed eccepiva preliminarmente la tardività del ricorso e nel merito l'infondatezza dei motivi di reclamo. Veniva disposta la notificazione degli atti processuali agli istanti Best s.r.l. e Ministero dello Sviluppo Economico; la prima non si costituiva, mentre si costituiva il Ministero, contestando la fondatezza del gravame. La Corte d'appello di Catania, con sentenza del 13/1-20/4/2010, ha respinto il reclamo avverso il provvedimento di revoca dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo; ha revocato il fallimento dichiarato con sentenza del 24/4/09, e, respinta la domanda ex art. 96 c.p.c., avanzata da Cesit, ha compensato integralmente tra le parti costituite le spese, dichiarandole irripetibili nei confronti del contumace. Nello specifico e per quanto ancora rileva, premessa l'applicabilità delle norme di cui al correttivo introdotto con il D.Lgs. n. 169 del 2007, la Corte del merito ha respinto il secondo motivo di reclamo, rilevando che a seguito della relazione del Commissario giudiziale del 29/1/09 (con la quale erano stati segnalati crediti, da collocare al chirografo, non dichiarati dalla società debitrice), era stato iniziato il procedimento L. Fall., ex art. 173, ed il Tribunale aveva incentrato il proprio esame sul credito vantato da Coface Assicurazioni per Euro 192.542,42, non appostato nelle scritture contabili, portato, quanto ad Euro 76.138,69, da sentenza passata in giudicato risalente al novembre 2004, notificata unitamente al precetto nel novembre 2006, e per il resto, relativo ai premi maturati anche dopo il deposito della proposta e non pagati (afferenti alla polizza fideiussoria stipulata a garanzia della restituzione della quota di agevolazione di cui alla delibera CIPE del 18/12/96 del Patto Territoriale di Enna). Secondo la Corte del merito, il Tribunale aveva dato per acquisito al processo, siccome ammesso dalla società proponente, che parte di detto credito era appostato nelle scritture contabili della stessa per Euro 41.832,00, da collocarsi al chirografo, sotto la voce "Patti Assicurazione TG", priva di causale, e di elementi utili per identificare il creditore, tant'è che il Commissario non era stato in grado di effettuare le comunicazioni funzionali al voto da spendere in assemblea. Il Tribunale pertanto, osserva la Corte del merito, aveva tratto dall'inattendibilità delle scritture uno degli argomenti per suffragare la sussistenza del dolo legittimante la revoca dell'ammissione, ma non aveva fatto questa conseguire dall'accertata irregolare tenuta delle scritture. Ciò posto, il Giudice di merito ha rilevato che ad integrare gli atti di frode L. Fall., ex art. 173, sul piano oggettivo, concorrono le condotte, a contenuto patrimoniale o documentale, commissive o omissive, anche precedenti la domanda di concordato, oltre che coeve, purché caratterizzate sul piano soggettivo anche dalla sola consapevole volontarietà dell'omissione (non essendo necessaria invece la commissiva preordinazione fraudolenta), e con la finalità di "sfalsare il dato prospettico riferito ai creditori ed utilizzato per formulare la proposta, ivi compresi i comportamenti inerenti le scritture contabili...che si concretino nella mancata appostazione di crediti certi". Quindi, anche l'omessa denuncia di crediti rilevanti, derivante da omessa appostazione, né valeva quale esimente il fatto che il credito in parte fosse presente nelle scritture contabili con la diversa intestazione "Patti Assicurazioni TG", in mancanza dell'indicazione della causale e del riferimento nominativo del creditore; né rilevante il cambiamento soggettivo dell'organo gestorio, vista l'imputazione del fatto doloso alla società, disposta dalla L. Fall., art. 173, e considerato il principio di immedesimazione organica; inoltre, il Tribunale aveva accertato l'intento fraudolento personalmente anche in capo all'attuale liquidatore, in ogni caso risultante dalle stesse dichiarazioni di questi al commissario giudiziale. Quanto al reclamo relativo alla declaratoria di fallimento, la Corte territoriale ha escluso che i creditori istanti il fallimento, costituitisi nel procedimento di omologazione, Best s.r.l. (il cui credito era stato contestato in sede di ammissione e di adunanza) ed il Ministero dello Sviluppo Economico, potessero considerarsi creditori istanti nel procedimento di revoca: Best infatti non aveva proposto istanza nel procedimento L. Fall., ex art. 173, ed il Ministero, che aveva ribadito l'istanza di fallimento in sede di udienza L. Fall., ex art. 173, non poteva ritenersi creditore, in quanto soddisfatto per l'avvenuto sgravio del tributo di Euro 536.289,82, come provato dalla documentazione prodotta da Cesit e relativa al giudizio di opposizione all'esecuzione. Avverso detta pronuncia ricorre il Fallimento, sulla base di due motivi. La società Cesit s.r.l. in liquidazione a sua volta ha proposto ricorso, successivamente depositato, e quindi incidentale, affidato a due motivi. Le due parti hanno depositato i rispettivi controricorsi, il Fallimento anche con ricorso incidentale, ripetitivo del ricorso principale. Il solo Ministero ha depositato controricorso avverso ambedue i ricorsi.
DIRITTO
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1.
- I tre ricorsi, principale ed incidentali, vanno riuniti, ex art. 335 c.p.c..
1.2.
- Col primo motivo del ricorso principale, il Fallimento denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 173, per avere la Corte del merito ritenuto inefficace la richiesta di fallimento della creditrice Best s.r.l., in quanto non fatta valere all'interno del procedimento ex art. 173, ma nel giudizio di omologazione del concordato L. Fall., ex art. 179, Premesso che è incontestata la presentazione di detta istanza da parte di Best, motivata dal dolo del debitore, e mai rinunciata, il Fallimento deduce e fa valere che la L. Fall., art. 173, non richiede, ai fini della dichiarazione di fallimento, la presentazione dell'istanza da parte dei creditori o del P.M. in una determinata fase procedimentale o temporale.
1.3.
- Col secondo motivo, il Fallimento prospetta come vizio di motivazione l'omessa o insufficiente considerazione da parte della Corte del merito della contestuale definizione nella fase camerale del procedimento di omologazione, pendente contemporaneamente al procedimento L. Fall., ex art. 173, con la sentenza di revoca dell'ammissione al concordato e dichiarativa del fallimento, e che non vi è stato un autonomo decreto di apertura del procedimento L. Fall., ex art. 173; in ogni caso, anche ove trattati separatamente, i due procedimenti sono stati contestualmente definiti e quindi implicitamente riuniti.
2.1.
- Col primo motivo del ricorso incidentale, la società in liquidazione denuncia il vizio di violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 173, comma 1, sostenendo che il comportamento del debitore anche prima dell'ammissione al concordato non svolge alcun ruolo sulla procedura, salvo che abbia determinato l'"approccio negativo dei creditori alla procedura concorsuale" e quindi inciso sulle prospettive di soddisfacimento dei creditori e pertanto sulla formazione del consenso di questi. Ne consegue che non può trovare applicazione la L. Fall., art. 173, per il fatto storico della contabilità irregolare. Secondo la parte, manca nella vicenda in oggetto la preordinazione della condotta omissiva: il credito dichiarato da Coface non era del tutto nuovo, essendo stato inserito al chirografo per Euro 41.832,00 nei confronti di Patti TG Assicurazioni; inoltre, come più volte riferito dal commissario giudiziale al creditore, a questi non era stata inviata la comunicazione di cui alla L. Fall., art. 171, avendo il liquidatore dichiarato di non conoscere il creditore e la natura del credito, e di averlo inserito nel piano concordatario come riportato nella contabilità precedente alla propria nomina del 28/11/2006, e ciò esclude ogni forma di malizia o astuzia. Manca l'attitudine ingannatoria verso il ceto dei creditori, tant'è che il liquidatore ha inserito nel piano concordatario crediti insussistenti del Ministero ed in misura superiore al dichiarato dalla creditrice MCC s.p.a., e la condotta non è idonea ex se a determinare errore essenziale del deceptus, vista l'incidenza non rilevante del maggior credito di Coface sull'onere concordatario.
2.2.
- Col secondo mezzo, la società denuncia il vizio di motivazione, insufficiente o contraddittoria. Cesit osserva che la sentenza impugnata ha attribuito a colpa l'inserimento nel piano delle presunte consistenti voci debitorie del Ministero dello Sviluppo Economico e di MCC s.p.a. Leasing Roma, e ha ritenuto l'inidoneità di detto inserimento ad elidere il comportamento doloso della debitrice, ma difetta l'inserimento dell'inerzia del liquidatore in una condotta dolosa complessiva, e giammai potrebbe ritenersi sotteso alla riferite incongruenze contabili un comportamento doloso della debitrice.
3.1.
- Con il ricorso incidentale, il Fallimento denuncia gli stessi vizi fatti valere nel ricorso principale.
4.1.
- Per ragioni di ordine logico, va esaminato prioritariamente il ricorso incidentale della società. Il primo motivo è infondato. Va rilevato in primis che la Corte del merito ha chiaramente considerato non rilevante in sè l'irregolare tenuta della contabilità, ma la conseguenza derivatane, ovvero l'occultamento di debiti di importo rilevante. Quanto al profilo soggettivo, la Corte territoriale ha ampiamente argomentato in relazione alla conoscenza da parte del liquidatore del rilevante credito della Coface, risultando questo in parte da sentenza passata in giudicato, resa nel giudizio in cui la società era assistita da difensore, e notificata insieme al precetto nel novembre 2006, pochi giorni prima dell'assunzione della carica da parte del liquidatore. Ha inoltre ed in particolare valorizzato la stessa dichiarazione resa per iscritto dal liquidatore al commissario giudiziale, di avere riscontrato la voce di bilancio "Patti TG Assicurazione" e di averne tratto la convinzione che si trattasse "quasi certamente di una polizza rilasciata a favore del Ministero per il finanziamento a valere sui patti territoriali di Enna", ma di non essere riuscito a stabilire di quale assicurazione si trattasse. La Corte del merito ha quindi accertato la piena consapevolezza dell'omissione da parte del liquidatore e quindi della società. Con tale statuizione, la Corte catanese ha reso corretta applicazione del disposto di cui alla L. Fall., art. 173, nella formulazione applicabile a seguito del correttivo di cui al D.Lgs. n. 169 del 2007, e che, per la parte che qui rileva, prevede tra gli "atti di frode" giustificanti la revoca dell'ammissione al concordato preventivo la dolosa omissione della denuncia di uno o più crediti da parte del debitore. Come affermato da questa corte in precedenti pronunce, gli "atti di frode" vanno intesi come le condotte volte ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, aventi valenza potenzialmente decettiva per l'idoneità a pregiudicare il consenso informato dei creditori sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, e che non si identificano con quelle di cui alla L. Fall., art. 64 e ss., inizialmente ignorate dagli organi della procedura e dai creditori e successivamente accertate nella loro sussistenza o anche solo nella loro completezza ed integrale rilevanza a fronte di una evidenziazione precedente del tutto inadeguata (così le pronunce 9050/2014, 23387/2013). Sul piano soggettivo, il comportamento deve essere stato assunto con dolo, ovvero con la volontarietà del fatto, non richiedendosi la preordinazione dolosa del fatto (così, sul principio, le pronunce 23387/2013 e 17038/2011). La fraudolenza rileva non in termini di effettiva consumazione, ma di potenzialità decettiva nei riguardi dei creditori, come argomentato già nella pronuncia 23387/2013, atteso che la norma non richiede che, una volta accertata la presenza di atti di frode, venga dato spazio a successive valutazioni dei creditori.
4.2.
- Anche il secondo motivo è infondato. I vizi motivazionali denunciati sono del tutto insussistenti. La Corte del merito ha congruamente valutato la prospettazione della Cesit intesa ad escludere il dolo della riscontrata omissione, ovvero l'indicazione nel piano concordatario di crediti rilevanti ritenuti successivamente insussistenti. La Corte territoriale ha ritenuto tali indicazioni dovute a negligenza o trascuratezza, ad errori di contabilità dei quali il liquidatore non si era accorto, ed ha escluso che dette indicazioni valessero ad elidere il comportamento doloso, con valutazione di merito adeguatamente sviluppata e perfettamente coerente, non esistendo alcuna contraddizione tra le valutazioni dei due diversi comportamenti e quindi nessuna incongruenza nella riscontrata carenza di nesso tra gli stessi.
5.1.
- I due motivi del ricorso principale del Fallimento vanno esaminati congiuntamente, in quanto strettamente collegati, e sono da ritenersi fondati. Come è pacifico tra le parti e come rilevato dalla Corte del merito, la creditrice Best s.r.l. si era opposta all'omologazione ed aveva chiesto il fallimento, motivando l'istanza per l'omessa denuncia del credito dalla stessa vantato; detta istanza non era mai stata rinunciata. La Corte di merito, rapidamente esclusa ogni valenza alla richiesta del Ministero, da ritenersi non più creditore, ha revocato la dichiarazione di fallimento, rilevando che Best non aveva presentato istanza all'interno del procedimento L. Fall., ex art. 173, "promosso d'ufficio dal Tribunale e da questi trattato, come risulta dal decreto introduttivo del procedimento e dai verbali d'udienza, separatamente e distintamente dal procedimento di omologazione contemporaneamente pendente". Secondo la Corte di merito, pertanto, l'istanza del creditore, idonea a costituire il "motore" per la successiva dichiarazione di fallimento, nella sussistenza dei presupposti, deve essere avanzata nello specifico procedimento L. Fall., ex art. 173, irrilevante essendo l'istanza ove presentata nel (diverso) giudizio di omologazione. Così interpretando la norma, la Corte del merito, come correttamente rileva la difesa del Fallimento, ha introdotto nel disposto normativo un requisito ulteriore, ovvero la presentazione nella fase propria del procedimento ex art. 173 c.p.c., ritenendo questo come un procedimento autonomo e separato dal giudizio di omologazione pendente nel caso. Oltre alla violazione della lettera della legge, è stata altresì erroneamente intesa la ratio legis, diretta ad evitare la dichiarazione di fallimento in mancanza di istanza dei creditori (o della richiesta del pubblico ministero), con l'introduzione dell'onere procedimentale di reiterazione o presentazione dell'istanza nello specifico procedimento L. Fall., ex art. 173, laddove la richiesta di Best, depositata nel giudizio di omologazione, evidenziava l'interesse del creditore. La Corte del merito ha anche segmentato il procedimento in sub procedimenti separati ed autonomi, mentre tra giudizio di omologazione e procedimento ex art. 173, nel caso innestatosi nel procedimento di omologazione, possono distinguersi le due fasi all'interno dell'unico procedimento, costituendo l'ammissione il presupposto necessario per l'omologazione, di talchè, venuta meno l'ammissione, non v'è possibilità di passare all'omologazione. Ma v'è di più. La Corte del merito, come sopra detto, ha considerato l'autonomia tra i due procedimenti, alla stregua del dato di fatto della trattazione separata, ma, come reso evidente dalla sentenza del Tribunale riportata dalla difesa del Fallimento, si è tenuta un'unica fase camerale, per la trattazione delle due diverse causali, omologazione e revoca, questa pregiudiziale alla prima, e quindi il procedimento di omologazione è stato definito con la sentenza di revoca dell'ammissione e la dichiarazione di fallimento. E, come ritenuto nella precedente pronuncia di questa Corte n. 10778 del 2014, il procedimento L. Fall., ex art. 173, può anche inserirsi nel giudizio di omologazione.
6.1.
- Il ricorso incidentale del Fallimento, meramente reiterativo del ricorso principale della stessa parte, va ritenuto inammissibile, avendo la parte già consumato la facoltà di impugnativa.
7.1.
- Conclusivamente, va accolto il ricorso principale del Fallimento, va respinto il ricorso incidentale di Cesit e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale del Fallimento; conseguentemente, va cassata la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e quindi limitatamente alla dichiarazione di revoca del fallimento. Così individuata la parte della pronuncia impugnata oggetto di cassazione, si pone la questione del tipo di pronuncia da adottare, se disporre il rinvio o decidere nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2. Tale questione involge il profilo degli effetti della revoca della dichiarazione di fallimento e quindi, di fondo ed alla radice, di quale sia la natura della sentenza di fallimento. Ponendosi peraltro nella limitata ottica della soluzione della questione specifica che si pone nel presente giudizio, va rilevato che questa Corte, nella normativa fallimentare anteriore alla riforma, si è espressa nel senso di ritenere che gli effetti della sentenza di fallimento, la cui esecutività in via provvisoria (L. Fall., art. 16, comma 30) non è suscettibile di sospensione (L. Fall., art. 18, comma 4), tenuto conto della finalità della disciplina diretta a privilegiare gli interessi generali dei creditori rispetto all'interesse del debitore, sono rimossi, sia per lo status di fallito sia per gli aspetti conservativi del patrimonio, solo con il passaggio in giudicato della sentenza che, accogliendo l'opposizione, revoca il fallimento, mentre anteriormente a tale momento, può provvedersi in via discrezionale alla sospensione dell'attività liquidatoria (così, tra le altre, le pronunce 4707/2011, 4632/2009, 16505/2003). La pronuncia 13100/2013 ha ritenuto tali principi validi anche dopo la riforma, risultando in vigore sia la L. Fall., art. 16, comma 2, che prevede l'esecutività immediata della sentenza, sia il principio della non sospensione per effetto del reclamo, come si evince dalla L. Fall., art. 19, che prevede che in tal caso il giudice possa disporre solo la sospensione della liquidazione dell'attivo, così assicurando ai creditori gli effetti dello spossessamento dei beni e quindi la permanenza della garanzia di questi all'esito del giudizio di reclamo, ed al debitore, previa valutazione giudiziale, la possibilità di impedire la dispersione del patrimonio in una situazione di incertezza circa l'esito finale dell'impugnazione della sentenza di fallimento. Anche autorevole dottrina si è espressa nel senso di ritenere che la sentenza di revoca produce i suoi effetti solo dal passaggio in giudicato, valorizzando in particolare la disposizione di cui alla L. Fall., art. 19, che, prevedendo la possibilità di sospensione della liquidazione dell'attivo da ritenersi anche nella pendenza del giudizio di cassazione, presuppone che la sentenza di revoca non sia immediatamente esecutiva. Ciò posto, ne consegue la possibilità di decidere nel merito, non residuando alcun accertamento di fatto o statuizione ulteriore rispetto alla declaratoria di rigetto del reclamo della Cesit avverso la pronuncia di fallimento resa dal Tribunale. Tale soluzione non solo è da ritenersi ragionevole alla stregua del principio di economia processuale, nell'ottica di evitare un giudizio di rinvio il cui esito appare obbligato e quindi sostanzialmente inutile, ma altresì rispondente alle specificità del giudizio fallimentare e della sentenza di fallimento, che rendono di difficile trasposizione i principi propri del giudizio di gravame ed in particolare, del giudizio di rinvio a seguito di cassazione della pronuncia. Nel sistema processuale, il Giudice del rinvio è chiamato a decidere sulla domanda originaria e non già sul precedente gravame, ma, nel caso del fallimento, è difficile ritenere che la sentenza di fallimento possa provenire direttamente dalla Corte d'appello, giudice del rinvio, atteso che nel sistema fallimentare tale dichiarazione ed i provvedimenti conseguenziali, sono propri del Tribunale. Ben si comprende, quindi, perchè l'orientamento della giurisprudenza e di parte della dottrina sia nel senso di ritenere che solo col passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento del reclamo venga privata di effetti la sentenza di fallimento (secondo taluno, limitatamente agli effetti patrimoniali), pronuncia che quindi rimane medio tempore in vita, di talchè, con la cassazione della pronuncia della Corte d'appello di accoglimento del reclamo, si determina la stabilizzazione della dichiarazione di fallimento, che è e rimane quella già resa. E, infine, ad ipotizzare diversamente la necessità di una nuova pronuncia di fallimento, si potrebbe porre la questione del decorso dell'anno L. Fall., ex art. 10, e ne conseguirebbe lo spostamento in avanti dei termini per le eventuali successive revocatorie, conseguenze tutte fortemente irragionevoli, a fronte della dichiarazione di fallimento a suo tempo correttamente resa. Gli argomenti ed i rilievi sopra esposti inducono pertanto alla decisione nel merito, che nella specie si sostanzia nella reiezione del reclamo della Cesit avverso la sentenza di fallimento resa dal Tribunale di Catania. Avuto riguardo alla complessità delle questioni trattate, si reputa di compensare tra le parti le spese dell'intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi principale ed incidentali; accoglie il ricorso principale del Fallimento, respinge il ricorso incidentale della Cesit s.r.l. in liquidazione, dichiara inammissibile il ricorso incidentale del Fallimento; cassa la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione di revoca del fallimento della Cesit e, decidendo nel merito, respinge il reclamo della Cesit avverso la dichiarazione di fallimento di detta società, resa dal Tribunale di Catania. Compensa tra le parti le spese dell'intero giudizio. Così deciso in Roma, il 28 maggio 2014. Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2014