Cassazione civile, sez. I, 25 settembre 2013, n. 21901
“In tema di concordato preventivo, il giudice deve controllare la legittimità del giudizio di fattibilità della proposta concordataria, competendo, invece, esclusivamente ai creditori la valutazione afferente la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti. Il menzionato controllo, da effettuarsi in tutte le fasi in cui si articola la procedura, si attua verificandosene l’effettiva realizzabilità della causa concreta, da intendersi come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, priva di contenuto fisso e predeterminabile, essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita nel generale quadro di riferimento finalizzato, da un lato, al superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, e dall’altro, all’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori. (Nella specie, relativa ad un concordato con cessione dei beni, la S.C. ha confermato il decreto impugnato la cui prognosi negativa in ordine all’esito della nuova proposta concordataria si fondava sulla ritenuta manifesta inadeguatezza ed illogicità della relazione dell’attestatore, che aveva omesso di spiegare perché un piano, fondato sulla cessione dei beni agli stessi soggetti che non erano stati in grado di acquistarli nel corso di un precedente concordato, potesse trovare realizzazione pochi mesi dopo l’esito negativo di quest’ultimo)”. (in www.dejure.it)
Cassazione civile sez. I - 25/9/2013 n. 21901
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. RORDORF Renato - Presidente
- Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere
- Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere
- Dott. CRISTIANO Magda - rel. Consigliere
- Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso 26628/2012 proposto da:
ARREDAMENTI BILIARDI DB S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (P.I. (OMISSIS)), già Arredamenti De Blasi s.p.a., in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GOLAMETTO 4, presso l'avvocato ANTONAZZO FRANCO, rappresentata e difesa dall'avvocato CANESTRARI Francesco, giusta procura a margine del ricorso; - ricorrente -
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PESARO; - intimata - avverso il decreto del TRIBUNALE di PESARO, depositato il 17/09/2012, n. 11/12 C.P.; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/07/2013 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO; udito, per la ricorrente, l'Avvocato F. CANESTRARI che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso per l'accoglimento del primo e secondo motivo, infondato il terzo motivo.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Pesaro, con decreto del 17.9.2012, ha dichiarato inammissibile la domanda di concordato preventivo con cessione dei beni presentata da Arredamenti Biliardi BD s.r.l. in liquidazione (in seguito, per brevità, BD). Il giudice ha premesso che la società, il 29.9.09, era stata già ammessa al concordato che però, dopo essere stato omologato, era stato dichiarato risolto con decreto del 26.6.012 a causa sia dell'inadempimento della De Blasi s.p.a., affittuaria e poi acquirente di un ramo dell'azienda della BD, incapace di onorare il pagamento dei canoni e del prezzo di acquisto nei termini e con le modalità pattuite, sia dell'inadempimento dell'Immobiliare Mita s.r.l. al contratto preliminare con cui si era obbligata ad acquistare l'immobile della società in concordato, sia, infine, per l'obbiettiva difficoltà di recuperare i crediti di quest'ultima; ha quindi rilevato che nella nuova proposta erano inserite, fra le poste più rilevanti dell'attivo, i crediti verso D.B., la quota di partecipazione della DB in tale società e l'immobile oggetto del preliminare ed ha ritenuto che il piano, che si basava sui medesimi assets che avevano determinato la risoluzione del precedente concordato, fosse manifestamente illogico e che altrettanto manifeste fossero l'incongruità e l'inadeguatezza del giudizio di fattibilità dell'attestatore, rilasciato senza che fossero state evidenziate nuove circostanze atte a far presumere che l'affittuaria dell'azienda e la promissaria acquirente dell'immobile fossero divenute solvibili. Il provvedimento è stato impugnato da DB s.r.l. con ricorso straordinario per cassazione affidato a tre motivi ed illustrato da memoria. Il ricorso è stato notificato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro, che non ha svolto attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Il collegio osserva, in via preliminare, che non vi sono ragioni per discostarsi dall'orientamento manifestatosi, anche dopo la riforma della legge fallimentare, in ordine all'ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione contro il provvedimento di rigetto della proposta concordataria(Cass. nn. 21860/010 e 13817/011), purchè ad esso non abbia fatto seguito la dichiarazione di fallimento della proponente (Cass. n. 8186/010). Poichè non risulta che DB sia stata dichiarata fallita, il ricorso può essere esaminato.
2) Con i primi due motivi di ricorso, che sono fra loro connessi e meritano trattazione congiunta, DB, denunciando violazione della L. Fall., art. 162, comma 2 e L. Fall., art. 161, comma 3, lamenta, sostanzialmente, che il tribunale, travalicando i propri poteri, abbia fondato le affermazioni della manifesta illogicità ed incongruenza del piano e dell'inadeguatezza del giudizio dell'attestatore su di una serie di non consentite valutazioni di merito sulla fattibilità e sul contenuto della proposta che esorbitavano dai limiti del suo sindacato, che avrebbe dovuto arrestarsi alla verifica della sola sussistenza dei presupposti di cui alla L. Fall., artt. 160 e 161. Osserva, in particolare: 1) che le due proposte, pur basandosi sui medesimi assets, avevano oggetti totalmente differenti (la prima prevedeva la parziale ripresa dell'attività produttiva, mentre la seconda l'integrale cessione dei beni), sicchè il tribunale, incentrando il proprio giudizio su tale fattore, avrebbe implicitamente ritenuto che, dopo la risoluzione del primo concordato, le fosse precluso di presentare una nuova proposta, anche migliorativa per i creditori, avente ad oggetto l'intero suo patrimonio; 2) che il primo concordato era rimasto inadempiuto non a causa della sopravvalutazione dei cespiti costituenti l'attivo patrimoniale, ma per l'avanzare inaspettato della crisi economica, che aveva rallentato i tempi di pagamento previsti; 3) che il giudice del merito ha illegittimamente utilizzato le relazioni dei commissari giudiziali del precedente concordato, dalle quali, peraltro, non poteva ricavarsi alcun elemento utile a valutare la fattibilità del nuovo piano; 4) che, altrettanto illegittimamente, avrebbe sovrapposto il proprio personale giudizio al giudizio di fattibilità compiuto dall'attestatore, sindacandone l'intrinseca attendibilità sulla scorta di criteri non previsti dall'art. 161 cit.. I motivi non meritano accoglimento. Sui limiti del sindacato giudiziale in sede di esame della proposta di concordato preventivo, tanto nella fase di ammissione che in quella di omologazione, è di recente intervenuta la sentenza a S.U. n. 1521/013, che ha affermato che, mentre compete esclusivamente ai creditori sia il giudizio prognostico in ordine alla fattibilità economica del piano (ovvero in ordine alla verosimiglianza dell'esito prospettato dall'imprenditore) sia quello sulla convenienza della proposta, spetta al giudice il controllo di legalità del piano. Tale controllo, avuto riguardo, in particolare, al concordato con cessione dei beni (che qui interessa), va effettuato sia verificando l'idoneità della documentazione prodotta a corrispondere alla funzione che le è propria, consistente nel fornire elementi di giudizio ai creditori, sia accertando la fattibilità giuridica della proposta, sia, infine, valutando l'effettiva idoneità della stessa ad assicurare la realizzazione della causa concreta della procedura, consistente nel superamento della crisi attraverso il soddisfacimento (sia pur in misura minimale) dei creditori. Limitando il discorso alla fase di ammissione, spetta, in buona sostanza, al tribunale di controllare la corretta formulazione della proposta, presupposto indispensabile al fine della garanzia della corretta formazione del consenso dei creditori. E, in tale ambito, come può ricavarsi dal disposto della L. Fall., art. 162, comma 2, che impone al tribunale di dichiarare l'inammissibilità della proposta qualora non ricorrano i presupposti di cui alla L. Fall., art. 160, commi 1 e 2 e art. 161 (in essi compresi quindi anche quelli concernenti la veridicità dei dati indicati e la fattibilità del piano) è conferito al giudice il compito di esaminare criticamente la relazione del professionista che accompagna il piano indicato dall'imprenditore, verificando che l'attestazione di veridicità dei dati aziendali e della fattibilità del piano medesimo non solo trovi puntuale riscontro nella documentazione allegata, ma sia sorretta da argomentazioni logiche, idonee a dar conto della congruità delle conclusioni assunte rispetto ai profili di fatto oggetto di esame. Tanto è accaduto nel caso di specie: la prognosi negativa del tribunale in ordine all'esito della nuova proposta muove, infatti, dalla considerazione della manifesta inadeguatezza ed illogicità della relazione dell'attestatore, il quale non si era curato di spiegare perchè un piano fondato sulla cessione dei medesimi assets ai medesimi soggetti che non erano stati in grado di acquistarli nel corso del precedente concordato, potesse trovare realizzazione a distanza di pochi mesi dall'esito negativo della prima procedura. E, se può rimproverarsi al giudice di avere in qualche misura compiuto valutazioni sul merito della proposta tipicamente riservate ai creditori, non v'è dubbio che il giudizio di inidoneità della relazione - priva delle informazioni necessarie a giustificare in via logica la conclusione di fattibilità del piano - rientrasse pienamente nell'ambito del sindacato affidatogli dalla legge e fosse da solo sufficiente a fondare la pronuncia di inammissibilità della proposta. 3) Con il terzo motivo la ricorrente lamenta che il tribunale non abbia svolto rilievi all'udienza di comparizione, in tal modo non consentendole di richiedere un termine, ai sensi dalla L. Fall., art. 162, comma 1, per apportare integrazioni al piano o per produrre nuovi documenti e che neppure le abbia concesso detto termine d'ufficio. Anche questo motivo deve essere respinto. Va in primo luogo osservato che la mancata formulazione da parte del giudice, nel corso dell'udienza camerale, di osservazioni critiche in ordine alla proposta non preclude di certo al proponente di richiedere, nel proprio interesse, un termine per integrarla in relazione ad eventuali profili di inammissibilità che potrebbero pur sempre emergere in sede di decisione; peraltro, ciò che maggiormente rileva è che, contrariamente a quanto si sostiene nel ricorso, l'art. 162, comma 1 cit., nello stabilire che il tribunale "può" (e non "deve") concedere il termine in questione, attribuisce al giudice un potere di natura discrezionale, il cui mancato esercizio non necessita di motivazione e non è censurabile in sede di legittimità. In difetto di attività difensiva della parte intimata, non v'è luogo alla liquidazione delle spese del giudizio.
La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il 17 luglio 2013. Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2013
Art. 163 L.F. Ammissione alla procedura e proposte concorrenti
I.
Il tribunale, ove non abbia provveduto a norma dell’articolo 162, commi primo e secondo, con decreto non soggetto a reclamo, dichiara aperta la procedura di concordato preventivo; ove siano previste diverse classi di creditori, il tribunale provvede analogamente previa valutazione della correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi.
Con il provvedimento di cui al primo comma, il tribunale:
Qualora non sia eseguito il deposito prescritto, il commissario giudiziale provvede a norma dell’ articolo 173, primo comma.
Uno o piu' creditori che, anche per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda di cui all'articolo 161, rappresentano almeno il dieci per cento dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata ai sensi dell'articolo 161, secondo comma, lettera a), possono presentare una proposta concorrente di concordato preventivo e il relativo piano non oltre trenta giorni prima dell'adunanza dei creditori. Ai fini del computo della percentuale del dieci per cento, non si considerano i crediti della societa' che controlla la societa' debitrice, delle societa' da questa controllate e di quelle sottoposte a comune controllo. La relazione di cui al comma terzo dell'articolo 161 puo' essere limitata alla fattibilita' del piano per gli aspetti che non siano gia' oggetto di verifica da parte del commissario giudiziale, e puo' essere omessa qualora non ve ne siano. (5)
Le proposte di concordato concorrenti non sono ammissibili se nella relazione di cui all'articolo 161, terzo comma, il professionista attesta che la proposta di concordato del debitore assicura il pagamento di almeno il quaranta per cento dell'ammontare dei crediti chirografari o, nel caso di concordato con continuita' aziendale di cui all'articolo 186-bis, di almeno il trenta per cento dell'ammontare dei crediti chirografari. La proposta puo' prevedere l'intervento di terzi e, se il debitore ha la forma di societa' per azioni o a responsabilita' limitata, puo' prevedere un aumento di capitale della societa' con esclusione o limitazione del diritto d'opzione. (5)
I creditori che presentano una proposta di concordato concorrente hanno diritto di voto sulla medesima solo se collocati in una autonoma classe. (5)
Qualora la proposta concorrente preveda diverse classi di creditori essa, prima di essere comunicata ai creditori ai sensi del secondo comma dell'articolo 171, deve essere sottoposta al giudizio del tribunale che verifica la correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi. (5)
(2) L'art. 3 del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n. 132, ha sostituito la parola "trenta" con la parola "centoventi".
(3) Numero aggiunto dal D.L. 3 maggio 2016, n. 59, convertito con modificazioni dalla L. 30 giugno 2016, n. 119. La modifica è entrata in vigore il 4 maggio 2016.
(4) Numero aggiunto dall'art. 4 del D.L. 27 giugno 2015 n. 83 in sede di conversione dalla L. 6 agosto 2015 n. 132.
(5) Comma aggiunto dall'art. 4 del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n. 132.
(*) Le modifiche di cui alle note 1, 2, 4 e 5 si applicano ai procedimenti di concordato preventivo introdotti successivamente alla data del 21 agosto 2015 di entrata in vigore della citata legge di conversione.
- Circolare Ministero del Lavoro, 2 marzo 2015, n. 4 Ambito di applicazione dell'art.3 l.223/91
- Circolare dell’Agenzia delle Entrate, 1° agosto 2013, n. 26/E
Perdite su crediti – Articolo 101, comma 5 del TUIR modificato dall’articolo 33, comma 5, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 - Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 6 giugno 2013, n. 20
Art. 1 del D.L. 5 ottobre 2004, n. 249, convertito in legge del 3 dicembre 2004, n. 291 - Circolare dell’Agenzia delle Entrate, 3 agosto 2010, n. 42/E
Partecipazioni acquisite per il recupero di crediti bancari – articolo 11 del Tuir
Art. 163 L.F. Ammissione alla procedura e proposte concorrenti
Art. 163 L.F. Ammissione alla procedura e proposte concorrenti
I) Sulla legittimità costituzionale dell’art. 163 L.F.
II) Sul controllo di legittimità demandato al giudice e su quello di merito riservato ai creditori
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III) Sul deposito delle somme necessarie per lo svolgimento della procedura
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- Cassazione civile, sez. I, 12 agosto 2009, n. 18236