Giurisprudenza Ordinata Cronologicamente
Cassazione civile sez. I - 5/4/2013 n. 8427
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. PLENTEDA Donato - Presidente
- Dott. RORDORF Renato - Consigliere
- Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere
- Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere
- Dott. CRISTIANO Magda - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
contro
contro
P.Q.M.
I.
Se le garanzie promesse non vengono costituite o se il proponente non adempie regolarmente gli obblighi derivanti dal concordato, ciascun creditore può chiederne la risoluzione.
Giurisprudenza
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Sulle conseguenze della riapertura del fallimento
Cassazione civile, sez. I, 5 aprile 2013, n. 8427
“La riapertura del fallimento conseguente alla risoluzione del concordato fallimentare comporta la reviviscenza dell’originaria procedura concorsuale, e non una nuova, autonoma procedura; ne consegue che ove tale risoluzione, benché pronunciata successivamente all’entrata in vigore dei d.leg. 9 gennaio 2006 n. 5 e 12 settembre 2007 n. 169, riguardi un concordato fallimentare omologato anteriormente ad essi, si producono gli effetti di cui agli articoli 122 e 123 L.F., nei rispettivi testi previgenti, ed al fallimento riaperto, in quanto nuova fase di una procedura che era stata definita secondo la legge anteriore, continuano ad applicarsi le norme preesistenti, atteso il chiaro tenore testuale dell’articolo 22 citato d.leg. n. 169 del 2007”. (massima ufficiale)
Cassazione civile sez. I - 5/4/2013 n. 8427
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. PLENTEDA Donato - Presidente
- Dott. RORDORF Renato - Consigliere
- Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere
- Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere
- Dott. CRISTIANO Magda - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso 26739-2010 proposto da: P.P.G. (c.f. (OMISSIS)), nella qualità di assuntrice del Concordato fallimentare PALA PIETRINO S.A.S. DI MARRAS TOMASINA EUGENIA (P.I. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA S. MARIA MEDIATRICE 1, presso l'avvocato BUCCI FABRIZIO, rappresentata e difesa dall'avvocato POLETTI CLAUDIO, giusta procura in calce al ricorso; - ricorrente -
FALLIMENTO PALA PETRINO S.A.S. DI MARRAS TOMASINA EUGENIA (P.I. (OMISSIS)), e FALLIMENTO DI M.T.E. IN PROPRIO (C.F. (OMISSIS)), in persona del Curatore dott. C.A., domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato ADRIANO GIOVANNI, giusta procura in calce al controricorso; INTESA SAN PAOLO S.P.A. (incorporante il San Paolo Imi spa, a sua volta incorporante il Banco di Napoli spa) - c.f. (OMISSIS), nella qualità di mandataria e di procuratrice della Società per la Gestione di Attività - SGA spa (cessionaria del credito tra il Banco di Napoli spa e la SGA spa), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RUBICONE 42, presso l'avvocato ROTILI CARLO ALFREDO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato LANERI RENATO, giusta procura in calce al controricorso; - controricorrenti -
M.T.E., MU.FE., PALA PIETRINO S.A.S. DI MARRAS TOMASINA EUGENIA, FALLIMENTO M.T.E., PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI CAGLIARI - SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI; - intimati - avverso il decreto della CORTE D'APPELLO DI CAGLIARI - SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositato il 06/10/2010; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/12/2012 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO; udito, per la ricorrente, l'Avvocato POLETTI che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito, la controricorrente Banca, l'Avvocato ROTILI che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d'Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza del 6.10.2010, ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto da P.P.G. contro la sentenza 2.4.2010 del Tribunale di Tempio Pausania che, ad istanza della banca creditrice Intesa Sanpaolo s.p.a., aveva dichiarato risolto il concordato fallimentare della Pala Pietrino s.a.s. di Marras Tommasina Eugenia, omologato il 9.7.1997, di cui la reclamante era assuntrice. La Corte territoriale ha ritenuto che nella specie dovesse farsi applicazione del testo dell'art. 137 L. fall., anteriore all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 5 del 2006 e D.Lgs. n. 169 del 2007, il quale prevede che il Tribunale che ritiene fondata la domanda di risoluzione pronuncia sentenza "non soggetta a gravame" ma impugnabile unicamente con ricorso per cassazione, considerato che il fallimento della Pala Pietrino s.a.s. era stato dichiarato nel 1992 ed il concordato omologato nel 1997 e che la disciplina transitoria di cui ai citati DD.Lgss. (ed in particolare del cd. decreto correttivo) prevede che le disposizioni del decreto stesso (fra le quali quella che, modificando l'art. 137, stabilisce che la risoluzione sia pronunciata con decreto reclamabile ex art. 131 L. fall.) si applicano ai procedimenti per la dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonchè alla procedure concorsuali e di concordato fallimentare aperte dopo la sua entrata in vigore. In particolare, la Corte territoriale ha rilevato che il concordato fallimentare della Pala Pietrino, alla data di entrata in vigore del d. correttivo, era già aperto e pendente e che la sua risoluzione non aveva dato luogo ad una nuova fase fallimentare, ma solo alla riapertura del fallimento già dichiarato. La sentenza è stata impugnata da P.P.G., con ricorso per cassazione affidato a sei motivi, cui hanno resistito con controricorso il Fallimento della Pala Pietrino s.a.s. di Marras Tommasina Eugenia, nonchè di M.T.E. in proprio ed Intesa San Paolo s.p.a. Non hanno depositato difese la debitrice, Mu.Fe., creditore intervenuto nel giudizio di merito, ed il P.G. presso la Corte d'Appello di Cagliari.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, P.P.G., denunciando violazione dell'art. 137, commi 5 e 18, L. fall., e del D.Lgs. n. 169 del 2007, art. 22, commi 1 e 2, lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto inapplicabile al caso di specie la nuova normativa. Osserva che, pur in mancanza di precedenti specifici, dalle sentenze nn. 7471/08 e 20551/09 di questa Corte di legittimità si evincono i seguenti principi di diritto: 1) la procedura fallimentare è scandita da una pluralità di fasi, fra loro collegate ma non per questo omologabili ovvero connesse in senso unitario, restando ciascuna di esse sottoposta alla disciplina sua propria, posto che il fallimento nel suo complesso non è qualificabile come un unicum che ha inizio con il ricorso del creditore e si conclude col decreto di chiusura; 2) il novum, soprattutto in materia processuale, deve trovare immediata applicazione salvo che per le fasi già chiuse o produttive di effetti giuridici propri; 3) la sentenza dichiarativa assolve alla duplice funzione di chiudere l'istruttoria prefallimentare e di aprire nel contempo la fase concorsuale, che diviene pendente solo in forza della sua emanazione, fungendo da spartiacque fra il regime vecchio e nuovo. Tali principi, a dire della ricorrente, risulterebbero applicabili anche al caso di specie, posto che la procedura di concordato non poteva ritenersi ancora pendente alla data di entrata in vigore del correttivo, essendosi conclusa con la sentenza di omologazione, salvi i sub procedimenti autonomi e distinti della sua esecuzione e, sul versante opposto, della sua risoluzione, apertasi con istanza del 14.7.09 e decisa con sentenza del 2.4.010, assoggettabile al nuovo regime in virtù del principio tempus regit actum. La sentenza dichiarativa della risoluzione fungerebbe, pertanto, da spartiacque fra il vecchio regime ed il nuovo, svolgendo la funzione di chiudere il procedimento istruttorio di risoluzione ed aprire la nuova fase processuale, che essendosi originata nella nuova normativa, da essa deve restare regolata. Sotto altro profilo, la ricorrente contesta che la risoluzione del concordato riapra il vecchio fallimento e solleva, in subordine, q.l.c. dell'art. 137 ante riforma. Il motivo è infondato e deve essere respinto. Va premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la riapertura del fallimento conseguente alla risoluzione del concordato fallimentare produce la reviviscenza dell'originario procedimento concorsuale e non un nuovo, autonomo procedimento (Cass. n. 22380/06). Ciò posto, appare evidente che l'assunto della ricorrente, ove accolto, condurrebbe ad una non consentita commistione fra disciplina processuale e disciplina sostanziale, non potendosi dubitare, sia in virtù dei principi generali che regolano la successione delle leggi nel tempo, sia alla luce della specifica disposizione transitoria dettata dal D.Lgs. n. 169 del 2007, che la risoluzione di un concordato fallimentare omologato anteriormente all'entrata in vigore delle leggi di riforma produca gli effetti di cui agli artt. 122 e 123 L. fall., nel testo previgente e che al fallimento riaperto (proprio perché costituente soltanto una nuova fase di una procedura che era stata definita secondo la legge anteriore) continuino ad applicarsi le norme preesistenti. L'interferenza di normative diverse nell'ambito del medesimo istituto comporterebbe, del resto, problemi in ordine all'applicazione dello stesso art. 137 L. fall.. Questo, ad es., nel testo attuale attribuisce ai soli creditori la possibilità di chiedere la risoluzione del concordato, laddove, nel testo precedente, prevedeva che spettasse al curatore di riferire al tribunale del mancato adempimento degli obblighi da esso nascenti: occorrerebbe allora chiedersi se il diritto/dovere del curatore di informare il tribunale, sicuramente esistente secondo la legge vigente alla data di omologazione del concordato e non avente natura meramente processuale, possa ritenersi venuto meno per effetto della nuova disciplina o se invece debba continuare a trovare applicazione nel procedimento riformato; e poichè tale verifica andrebbe compiuta rispetto ad ogni norma o principio di contenuto sostanziale da applicare nel corso del procedimento (ad es. con riferimento ai canoni valutativi, in ordine alla gravità dell'inadempimento, cui attenersi ai fini dell'accoglimento della domanda di risoluzione) si creerebbe un'inutile incertezza interpretativa, che potrebbe a sua volta dar luogo ad un inusitato effetto di "spezzettamento" della norma, decisamente ingiustificato a fronte di una disposizione transitoria (il D.Lgs. n. 169 del 2007, art. 22) di chiarissimo tenore testuale, che non pone distinzioni fra disciplina sostanziale e processuale e che è stata presumibilmente dettata proprio allo scopo di superare i dubbi e le difficoltà applicative cui aveva dato luogo il D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 150. Tale conclusione non si pone in contrasto con i principi affermati nella sentenza n. 7471/08, la quale, in presenza della diversa ed incompiuta disciplina transitoria di cui al citato art. 150 (che si è limitato ad indicare le regole processuali alla cui stregua andavano definiti i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 5 del 2006 e che, peraltro, non poneva alcun dubbio circa l'assoggettabilità alle regole anteriori dei fallimenti e dei concordati già dichiarati) ha chiarito che, nel silenzio della norma, non poteva consentirsi l'applicazione della normativa anteriore ad una fase della procedura diversa da quella in essa espressamente contemplata. Ciò, d'altro canto, in coerenza con il principio tempus regit actum, il quale vale proprio in assenza di disposizioni transitorie. Manifestamente infondata, infine, è la questione di legittimità costituzionale dell'art. 137 ante riforma, posto che rientra nella discrezionalità del legislatore sopprimere o introdurre, rispetto ad un determinato procedimento, il doppio grado di giurisdizione, che non rappresenta diritto insopprimibile delle parti, e che non può scorgersi disparità di trattamento in una norma che incide in modo identico per tutti i rapporti sorti dopo la riforma, allo stesso modo in cui per tutti i rapporti precedenti valeva una diversa disciplina, voluta alla stregua di una diversa valutazione del legislatore, consentita dal testo costituzionale. Restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso. La novità della questione trattata giustifica l'integrale compensazione fra le parti delle spese del giudizio.
La Corte rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate fra le parti le spese del giudizio. Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2012. Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2013
Norma
Art. 137 L.F. Risoluzione del concordato
I.
Se le garanzie promesse non vengono costituite o se il proponente non adempie regolarmente gli obblighi derivanti dal concordato, ciascun creditore può chiederne la risoluzione.
II.
Si applicano le disposizioni dell’articolo 15 in quanto compatibili.
Si applicano le disposizioni dell’articolo 15 in quanto compatibili.
III.
Al procedimento è chiamato a partecipare anche l’eventuale garante.
Al procedimento è chiamato a partecipare anche l’eventuale garante.
IV.
La sentenza che risolve il concordato riapre la procedura di fallimento ed è provvisoriamente esecutiva.
La sentenza che risolve il concordato riapre la procedura di fallimento ed è provvisoriamente esecutiva.
V.
La sentenza è reclamabile ai sensi dell’articolo 18.
La sentenza è reclamabile ai sensi dell’articolo 18.
VI.
Il ricorso per la risoluzione deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto nel concordato.
Il ricorso per la risoluzione deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto nel concordato.
VII.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti dal proponente o da uno o più creditori con liberazione immediata del debitore.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti dal proponente o da uno o più creditori con liberazione immediata del debitore.
VIII.
Non possono proporre istanza di risoluzione i creditori del fallito verso cui il terzo, ai sensi dell’articolo 124, non abbia assunto responsabilità per effetto del concordato.
Non possono proporre istanza di risoluzione i creditori del fallito verso cui il terzo, ai sensi dell’articolo 124, non abbia assunto responsabilità per effetto del concordato.
(1) Articolo sostituito dall’art. 9 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169. La modifica si applica ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data del 1° gennaio 2008, nonché alle procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente (art. 22 D.Lgs. cit.).
Prassi
In questo articolo non sono presenti elementi di prassi.
Tutta la Giurisprudenza
Art. 137 L.F. Risoluzione del concordato
I) Sulle conseguenze della riapertura del fallimento
II) Sulla legittimazione attiva in materia di risoluzione di concordato fallimentare
III) Sulla decorrenza del termine annuale per chiedere la risoluzione
IV) Sulla ripetibilità dei pagamenti eseguiti in caso di concordato risolto
V) Sulla non decisorietà del rigetto sull’istanza di risoluzione del c.p.
VI) Sulla prescrizione della ripetibilità dei pagamenti eseguiti in caso di concordato risolto
VII) Sulla natura di litisconsorte necessario del garante in caso di risoluzione o annullamento del concordato preventivo
Legge Fallimentare Completa
TITOLO I
Disposizioni generali
TITOLO II
Del fallimento
TITOLO III
Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione
TITOLO IV
Dell’ammissione controllata
TITOLO V
Della liquidazione coatta amministrativa
TITOLO VI
Disposizioni penali
TITOLO VII
Disposizioni transitorie