Giurisprudenza Ordinata Cronologicamente
Cassazione civile sez. I - 10/4/2012 n. 5657
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. FIORETTI Francesco Maria - Presidente
- Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere
- Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere
- Dott. CULTRERA Maria Rosaria - rel. Consigliere
- Dott. CARLO DE CHIARA - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
contro
P.Q.M.
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Cassazione civile, sez. I, 10 aprile 2012, n. 5657
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Sulla dichiarazione di fallimento d’ufficio
Cassazione civile, sez. I, 10 aprile 2012, n. 5657
“La dichiarazione di fallimento su iniziativa officiosa del tribunale deve ritenersi abrogata anche per l’ipotesi prevista dall’articolo 173 L.F., nel testo riformato dal D.Lgs. n. 5 del 2006 (c.d. regime intermedio) ovvero nell’ipotesi di dolosa e fraudolenta dissimulazione dell’attivo e del passivo da parte del debitore ammesso al concordato preventivo, poiché la successiva abrogazione espressa introdotta dal decreto correttivo n. 169 del 2007 (che all’articolo 173, comma secondo, subordina la declaratoria di fallimento all’istanza del creditore o alla richiesta del P.M.) ha valore esplicativo di un sistema, che, già nel precedente testo, aveva espunto l’iniziativa officiosa anche nelle ‘ipotesi residue’, rappresentando una norma immanente nel sistema riformato, improntato alla terzietà del giudice fallimentare ed alla conseguente natura antitetica a tale filosofia di tutte le iniziative officiose volte alla dichiarazione di fallimento”. (massima ufficiale)
Cassazione civile sez. I - 10/4/2012 n. 5657
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. FIORETTI Francesco Maria - Presidente
- Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere
- Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere
- Dott. CULTRERA Maria Rosaria - rel. Consigliere
- Dott. CARLO DE CHIARA - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso 5167/2010 proposto da: FALLIMENTO SIMIS S.R.L. (p.i. (OMISSIS)), in persona dei Curatori Dott. D.A. e avv. C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 44, presso l'avvocato CARONE FABIANI ACHILLE, rappresentato e difeso dall'avvocato REFERZA Pietro, giusta procura a margine del ricorso; - ricorrente -
SIMIS S.R.L., PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI L'AQUILA; - intimati - avverso la sentenza n. 269/2009 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 07/10/2009; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/01/2012 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA; udito, per il ricorrente, l'Avvocato ACHILLE CARONE FABIANI, con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società Simis s.r.l. chiedeva al Tribunale di Teramo ammissione alla procedura di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, che veniva quindi disposta con decreto del 12 ottobre 2007. Nel corso della procedura, i commissari esprimevano parere negativo sulla prima proposta ed evidenziavano il carattere fraudolento degli atti commessi dalla società che, preso atto dei rilievi, emendava alla loro luce l'iniziale proposta. Con sentenza 5 giugno 2008, il Tribunale fallimentare, in applicazione della L. Fall., art. 173, nel testo disciplinato dal D.Lgs. n. 5 del 2006, applicabile ratione termporis dichiarava la risoluzione del concordato ed il fallimento della società d'ufficio. La sentenza veniva reclamata dalla fallita innanzi alla Corte d'appello di L'Aquila che, con sentenza n. 269/2009 depositata il 16 settembre 2009 e notificata il 29 gennaio 2010, ha accolto il reclamo revocando per l'effetto il fallimento. Avverso questa decisione ricorre per cassazione il curatore del fallimento della società Simis sulla base di unico motivo non resistito dall'intimata società Simis ed ulteriormente illustrato con memoria difensiva depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 173, nel testo vigente ante riforma D.Lgs. n. 169 del 2007, ex art. 14 e dell'art. 15 disp. prel. c.c. e, ponendo la questione di diritto se lo jus superveniens in materia di concordato preventivo sia in contrasto con la precedente disciplina, critica l'impugnata statuizione assumendo l'irrilevanza degli argomenti che ne sorreggono la conclusione. Il fatto che lo stato di crisi non sia omologabile all'insolvenza non preclude la sanzione della commutazione della procedura di concordato nel fallimento in presenza di atti fraudolenti dell'imprenditore ammesso al concordato, e dal momento che la possibilità di dichiarare il fallimento d'ufficio non viola la regola del giusto processo, il suo esercizio rappresenta sanzione immanente nella logica della procedura concordataria. Il precedente di legittimità n. 4632/2009 citato a sostegno nell'impugnata statuizione non offre infine puntuali spunti di conferma della ricostruzione esegetica applicata dal giudice d'appello, riferendosi a fattispecie concreta non omologabile a quella dedotta in giudizio. Il motivo espone censura priva di pregio. Secondo quanto questa Corte ha già affermato con sentenza n. 18236/2009, le novità introdotte dalla riforma della legge fallimentare, ed in particolare la previsione per cui non l'insolvenza ma lo stato di crisi giustifica l'apertura del concordato, la connotazione dell'istituto essenzialmente privatistica, e in particolare l'abrogazione del fallimento d'ufficio a mente della L. Fall., art. 6, depongono nel senso che tale iniziativa officiosa deve reputarsi abrogata anche in relazione al caso previsto dal disposto della L. Fall., art. 173, e ciò pur nel testo riformato dal D.Lgs. n. 5 del 2006, applicabile nella specie, nella parte in cui consentiva al giudice delegato di attivare l'apertura del fallimento. L'abrogazione espressa della dichiarazione d'ufficio introdotta dal decreto correttivo n. 169/2007 che all'art. 173, comma 2 subordina la declaratoria di fallimento all'istanza di un creditore o alla richiesta del pubblico ministero, ha invero valore esplicativo di un meccanismo operativo che già nel precedente testo aveva espunto l'iniziativa officiosa anche nelle ipotesi residue, che pur ancora la prevedevano secondo una tralaticia riedizione del vecchio testo normativo, in quanto prive di una giustificazione coerente alla riformata sistematica concorsuale. Rappresenta insomma una norma di coordinamento che esplicita un meccanismo che già aveva soppresso, uniformandosi alla logica immanente al riformato sistema, le ipotesi tuttora in vigore d'iniziativa officiosa antitetiche al ruolo di terzietà ritagliato in via programmatica e generale per il giudice fallimentare. A questa costruzione esegetica, che s'intende ribadire, è ispirata la decisione impugnata che, sulla base della lettura sistematica della disciplina dettata in materia ha ricondotto la soppressione dell'automatica sanzione del fallimento d'ufficio prevista dal decreto correttivo n. 169/2007 alla generale esclusione del fallimento d'ufficio operante anche nella versione del D.Lgs. n. 5 del 2006, applicabile all'ipotesi esaminata. Il ricorso spende argomenti che non inducono ad una rivisitazione di questo percorso critico sì che deve esserne disposto il rigetto senza farsi luogo alla regolamentazione delle spese del presente giudizio in assenza d'attività difensiva dell'intimato.
La Corte: rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2012. Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2012
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