Giurisprudenza Ordinata Cronologicamente
Cassazione civile sez. I - 24/10/2012 n. 18190
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. FIORETTI Francesco Maria - Presidente
- Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere
- Dott. CULTRERA Maria Rosaria - rel. Consigliere
- Dott. DIDONE Antonio - Consigliere
- Dott. FERRO Massimo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
contro
P.Q.M.
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Cassazione civile, sez. I, 24 ottobre 2012, n. 18190
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Sui rapporti tra istanza di concordato e procedimento prefallimentare
Cassazione civile, sez. I, 24 ottobre 2012, n. 18190
“Il novellato articolo 160 L.F., non più riprodotta la possibilità per l’imprenditore di proporre il concordato preventivo ‘fino a che il suo fallimento non è dichiarato’, consente il superamento del precedente criterio della prevenzione, come metodo di coordinamento rigido tra le due procedure, tale da imporre l’esaurimento della soluzione concordataria prima di pronunciare il fallimento. È dunque ben possibile per il tribunale, pendente il procedimento per la dichiarazione di fallimento, trattare e decidere le relative istanze ancorché sopraggiunga il ricorso concordato, che non opera in chiave di ragione di improcedibilità o anomala sospensione delle prime. Così come il concordato non è di necessità prevalente rispetto al fallimento e non fonda pertanto alcuna sospensione ex articolo 295 c.p.c. Spetta pertanto al giudice di merito la verifica in concreto del bilanciamento fra interesse del debitore (a definire in modo concordatizio la propria crisi) e quello sottostante all’invocata dichiarazione del suo fallimento. Lungi dunque dal riprodursi, come per il passato, una consequenzialità procedimentale, vige tra concordato e fallimento solo l’esigenza di evitare ogni abuso del processo da parte del debitore, senza vincoli di pregiudizialità ovvero anche solo obblighi di indefettibile doppia decisione”. (in Il Fallimento, 12/2012)
Cassazione civile sez. I - 24/10/2012 n. 18190
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. FIORETTI Francesco Maria - Presidente
- Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere
- Dott. CULTRERA Maria Rosaria - rel. Consigliere
- Dott. DIDONE Antonio - Consigliere
- Dott. FERRO Massimo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso 6720/2009 proposto da:
CLASS SERVICE S.R.L. (P.I. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 2/4 (C/O VILLA MARIGNOLI), presso l'avvocato PAOLO CANONACO, rappresentata e difesa dall'avvocato FUNARI Pietro Paolo, giusta procura a margine del ricorso; - ricorrente -
CURATELA FALLIMENTO CLASS SERVICE, CURATELA FALLIMENTO COMMERCIALE IONICA TARANTINA S.R.L.; - intimate - avverso la sentenza n. 474/2008 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO, depositata il 03/07/2008; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/09/2012 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA; udito, per la ricorrente, l'Avvocato PAOLO CANONACO, con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l'accoglimento dei motivi terzo e quarto ed assorbimento dei restanti motivi.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 16/17 maggio 2007 2007 il Tribunale di Cosenza, provvedendo sulle istanze di fallimento proposte dalle società IVECO s.p.a e Commerciale Jonica Tarantina s.r.l., depositati rispettivamente il 6 marzo ed l'11 aprile 2007, dichiarava il fallimento della società Class Service s.r.l., che proponeva appello alla Corte d'appello di Catanzaro lamentando: 1.- violazione della L. Fall., art. 15, attesa la sua omessa convocazione per l'udienza camerale che si era celebrata in sede d'istruttoria prefallimentare, e violazione della L. Fall., artt. 5160 e 162, sull'assunto che la sentenza impugnata era carente nella motivazione in ordine alla fattibilità del piano allegato a corredo della domanda di concordato preventivo, depositata il 26 aprile 2007, attestato come per legge; 2. - che la declaratoria di fallimento non era stata preceduta dalla pronuncia d'inammissibilità del proposto concordato; 3.- che il Tribunale aveva provveduto senza disporre l'audizione del P.M.. La Corte territoriale, con sentenza n. 470 deposita il 3 luglio 2008, ha respinto l'appello rilevando: la preventiva rituale convocazione per l'udienza prefallimentare della società debitrice, il cui patrocinio era stato peraltro regolarmente ed effettivamente esercitato dall'Avv. Lucia Le Piane; che la partecipazione dell'ufficio del P.M. in quella fase non era prescritta; che, non operando il principio della prevenzione, il Tribunale non era tenuto alla previa pronuncia sulla domanda concordato. Nel merito ha ritenuto conclamato, alla luce dei fatti illustrati nella sentenza reclamata (inadempimento delle obbligazioni contratte, pendenza di numerose procedure esecutive, decreti ingiuntivi emessi a suo carico, bilancio finale) lo stato d'insolvenza della società. Avverso questa decisione la società Class Service ha proposto ricorso per cassazione in base a quattro motivi. Nè il curatore fallimentare nè l'intimata società Jonica hanno spiegato difese.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia violazione della L. Fall., artt. 15 e 162, e deduce l'errore di diritto in cui sarebbe incorsa la Corte del merito per avere qualificato la fase procedimentale relativa all'esame della domanda di concordato preventivo fase prefallimentare, desumendone la non necessità della riconvocazione del debitore in relazione a successive istanze di fallimento. Il quesito di diritto chiede se a seguito della domanda di concordato preventivo, prima di dar luogo alla declaratoria d'inammissibilità L. Fall., ex art. 162, sia necessario disporre la preventiva convocazione del debitore o possa il Tribunale dichiarare d'ufficio il fallimento, Il motivo deve essere dichiarato inammissibile dal momento che pone questione tautologica, eccentrica rispetto alla ratio decidendi. Occorre infatti rilevare che la Corte del merito, constatata l'effettiva preventiva e rituale convocazione della società debitrice effettuata a mente della L. Fall., art. 15, per l'udienza prefallimentare fissata innanzi al Tribunale di Cosenza, ha altresì rilevato il dispiegarsi effettivo del suo diritto di difesa in quella sede attraverso il patrocinio dell'Avv. Lucia Le Piane. La decisione ha riguardo all'udienza relativa all'esame nel merito delle istanze di fallimento proposte dalle società Iveco e Jonica Tarantina, ambedue precedenti al deposito da parte della debitrice della proposta di concordato, secondo quanto del resto emerge dal tenore della stessa denuncia in esame che colloca la dedotta violazione nell'ambito delle garanzie prescritte per la fase prefallimentare a mente della cennata disposizione. Questo essendo il quadro di riferimento, il nucleo della decisione impugnata in parte qua risiede nell'affermazione della regolarità del contraddittorio nella fase considerata, cui è estraneo sia il dictum circa l'ammissibilità in tesi del fallimento d'ufficio, che qualsiasi riferimento in punto di fatto a simile evenienza. E' pertanto evidente che il mezzo in esame prospetta censura non pertinente al senso della decisione e si conclude con quesito che invoca un principio di diritto avulso dalla fattispecie concreta, che non consente di cogliere dalla sua mera lettura l'errore di diritto oggetto della denuncia e la regula juris applicabile al caso considerato. Col secondo mezzo la ricorrente lamenta violazione della L. Fall., artt. 5, 160 e 162, e vizio d'omessa motivazione su punto decisivo della controversia rappresentato dallo stato d'insolvenza legittimante la declaratoria di fallimento. Assume a conforto che il giudice sarebbe incorso in errore interpretativo e applicativo delle norme rubricate per aver omesso qualsiasi riferimento alla fattibilità del piano allegato a corredo della proposta di concordato, e per aver ritenuto sussistente lo stato d'insolvenza equivalente a crisi irreversibile piuttosto che uno stato di crisi transitoria, non potendo assurgere a dati rilevanti gli indici apprezzati dal Tribunale, che avrebbe di contro dovuto valutare la fattibilità del piano concordatario, regolarmente attestato. Il deficit di motivazione ascritto alla decisione impugnata si riferisce appunto alle ragioni, non esplicitate, per le quali sarebbe stata disattesa l'attestazione del professionista. Il quesito di diritto chiede se il giudice che omette di procedere alla valutazione del piano attestato ex art. 161, comma 2, n. 3, allegato alla domanda di concordato preventivo dando luogo alla dichiarazione di fallimento incorra in vizio di motivazione. Col terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 160. L'errore ascritto al giudice dell'appello si anniderebbe nell'aver dichiarato il fallimento senza pregiudizialmente pronunciare sull'ammissibilità del concordato. I due momenti sono in consecuzione necessaria e l'ordine è stato invertito dal Tribunale che ha pronunciato l'improcedibilità del concordato dopo avere dichiarato il fallimento. Il quesito di diritto chiede se la riproposizione letterale della L. Fall., art. 162, nel testo riformato dal D.Lgs. n. 5 del 2006, pone in capo al giudice l'obbligo già codificato di dar luogo ad eventuale pronuncia di fallimento dell'imprenditore solo dopo aver previamente dichiarato l'inammissibilità del concordato preventivo proposto dall'imprenditore medesimo. Col quarto motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza impugnata per omessa audizione del P.M., in quanto, parte necessaria del procedimento di concordato preventivo, ne era prescritta la convocazione prima di farsi luogo alla declaratoria d'improcedibilità del concordato. Il quesito di diritto chiede se alla luce della formulazione del disposto della L. Fall., art. 162, modificato dal D.Lgs. n. 5 del 2006 il Tribunale investito della cognizione sulla domanda di concordato preventivo dell'imprenditore prima di dichiararne il fallimento debba sentire il P.M., e se la sentenza, in caso di omissione, sia affetta da nullità. I tre motivi meritano esame congiunto in quanto espongono censure collocabili nell'alveo di unica questione di diritto. La decisione impugnata, come si è riferito in parte espositiva, afferma che la partecipazione dell'ufficio del P.M. nella fase prefallimentare, non è prescritta, e che, non operando a lume del testo novellato dal D.Lgs. n. 5 del 2006, il principio della prevenzione tra le procedure considerate, il Tribunale non era tenuto alla previa pronuncia sulla domanda concordato. I motivi s'incentrano sostanzialmente su quest'ultima affermazione di principio, postulato logico della precedente, e sollecitano questa Corte a definire i termini della correlazione tra le procedure considerate alla luce del testo riformato della legge fallimentare all'epoca dei fatti in vigore. Premessa indefettibile della loro disamina è la pacifica e constatata posteriorità della proposta di concordato, che venne deposita dalla società Class il 27 aprile 2007, rispetto all'attivazione del procedimento per la dichiarazione di fallimento delle medesima da parte delle creditrici che, a quella data, avevano già depositato le rispettive istanze di fallimento, risalenti, quella proposta dalla società IVECO s.p.a al 6 marzo dello stesso anno, e quella della società Commerciale Jonica Tarantina s.r.l. all'11 aprile. Innervatasi la procedura di concordato nell'alveo di quella prefallimentare che ha seguito il suo corso regolare, il Tribunale ha provveduto all'esito sulle sole istanze di fallimento, omesso ogni riferimento al risultato della delibazione sull'ammissibilità della proposta di concordato, ritenendo l'espunzione del principio della prevenzione tra le due procedure, confermata quindi, sotto l'egida di tale esegesi, dalla Corte territoriale, che ne ha escluso l'operatività, dichiarando la sentenza di fallimento correttamente assunta. Siffatta conclusione è immune dai vizi denunciati. Il disposto della L. Fall., art. 160, nel testo riformato dal D.Lgs. n. 5 del 2006, applicabile alla fattispecie in esame, non contiene l'inciso, presente nel precedente vigore del R.D. n. 267 del 1942, che prevedeva la possibilità per l'imprenditore di proporre il concordato preventivo "fino a che il suo fallimento non è dichiarato", fondante l'indiscusso ed indiscutibile criterio della prevenzione, che all'epoca correlava le due procedure posponendo la pronuncia di fallimento al previo esaurimento della soluzione concordata della crisi dell'impresa. Abrogata testualmente dalla modifica normativa, la cennata regola non può ritenersi per via esegetica sopravvissuta reputandola tradotta, secondo quanto sostiene parte della giurisprudenza di merito e della dottrina, nell'operatività di una sospensione anomala ovvero c.d. impropria della procedura di fallimento che precluderebbe l'esame delle istanze dei creditori, sancendone l'improcedibilità condizionata all'esito negativo dell'altra procedura che, a propria volta consentirebbe il riattivarsi della fase prefallimentare seppur, dopo l'abrogazione del fallimento d'ufficio, nel solo caso in cui ne facciano richiesta creditori o P.M.. Va subito chiarito che, nel mentre smentisce la fondatezza di tale opzione il rilievo che il debitore potrebbe reiterare la sua proposta dilatando ad libitum i tempi per la dichiarazione del suo fallimento, per loro stessa natura di contro ristretti, non ne avvalorano la fondatezza nè il disposto della L. Fall., art. 168, che sancisce il blocco delle azioni esecutive, nè il generico favor per le soluzioni concordate della crisi d'impresa consacrato nel sistema concorsuale novellato. Come si è già affermato nella giurisprudenza di questa Corte con ordinanza n. 3059/2011, la pregiudizialità necessaria che legittima la sospensione del processo prevista dall'art. 295 c.p.c., "non si verifica nei rapporti fra concordato preventivo e fallimento non essendo sovrapponibili le situazioni rispettivamente esaminate ed essendo la decisione sulla domanda di concordato insuscettibile di sfociare, di regola, in una decisione irrevocabile e, come tale, impugnabile dovendo, infatti, le questioni attinenti al decreto di inammissibilità essere dedotte con la stessa impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, in quanto il predetto rapporto si atteggia come un fenomeno di consequenzialità (eventuale del fallimento all'esito negativo della prima procedura) e di assorbimento (dei vizi del predetto diniego in motivi di impugnazione della seconda), che determina una mera esigenza di coordinamento tra i due procedimenti". Dal momento che il concordato non è necessariamente prevalente rispetto al fallimento, non sussiste tra le due procedure la pregiudizialità che legittima la sospensione che, in quanto istituto eccezionale, opera con portata limitata al caso in cui l'una situazione sostanziale dedotta nel processo pregiudicato rappresenti il fatto costitutivo di quella dedotta nella causa pregiudicata (cfr. Cass. S.u. n. 14670/2003). Casi di sospensione impropria o atecnica non sono previsti dal codice di rito, nè se ne può ammettere l'introduzione per via interpretativa. Ed allora, secondo quanto già assunto con sentenza n. 19214/2009, dal momento che la possibilità accordata al debitore di proporre al giudice una procedura concorsuale alternativa al suo fallimento non rappresenta un fatto impeditivo alla pronuncia di fallimento nè tanto meno costitutivo del relativo procedimento, ma mera esplicazione del diritto di difesa del debitore che comunque non gli consente di "disporre unilateralmente e potestativamente dei tempi del procedimento fallimentare", in presenza di una domanda di concordato che s'innesta nella fase prefallimentare già attivata, il giudice fallimentare, che nè la può sospendere nè deve dichiarare improcedibile l'istanza di fallimento del creditore, è tenuto a bilanciare le opposte iniziative, coordinando quella del debitore con gli interessi sottostanti la procedura fallimentare. In questa chiave è suo compito verificare in concreto, in relazione alle peculiarità del caso concreto, il rapporto di priorità tra le procedure previo l'indefettibile apprezzamento circa l'intento sottostante la soluzione pattizia che deve essere esclusa laddove, esprimendo un proposito meramente dilatorio, manifesti un abuso di diritto del debitore, anche alla luce dell'affrancamento di quest'ultimo dal requisito della meritevolezza. Espunto dal sistema il precedente automatismo determinante l'improcedibilità delle istanze di fallimento nel caso in cui il debitore avesse proposto il concordato (cfr. Cass. n. 9581/1993), comunque non assoluta, atteso il potere di dichiarare il fallimento d'ufficio, il criterio della prevenzione nel sistema riformato potrà continuare ad operare in tal senso ovvero potrà subire inversione a seconda dell'esito dell'accertamento condotto dal Tribunale. Devesi dunque conclusivamente affermare che il nesso d'indubbia consequenzialità logica tra la procedura di concordato e quella più radicale che sfocia nel fallimento non si traduce nella consequenzialità procedimentale, intesa nel senso che intanto potrebbe darsi corso alla fase prefallimentare in quanto si sia esaurita la procedura alternativa, siccome concreterebbe un caso di sospensione estraneo alla previsione del codice di rito che ne riduce l'ambito d'applicazione alle ipotesi di cui sopra si è detto, nè può ammetterne una indiretta espansione ostandovi il principio costituzionale della ragionevole durata del processo ai sensi dell'art. 111 Cost.; che il nesso anzidetto non concreta nè la necessità di duplice statuizione (cfr. Cass. n. 12986/2009), considerato che la sentenza di fallimento assorbe il decreto sul concordato, non soggetto al reclamo secondo il disposto dell'art. 162 legge fall, che colpisce la sentenza di fallimento (cfr. Cass. S.U. n. 9743/2008, n. 3586/2011), nè la consequenzialità provvedimentale intesa nel senso che, conclusasi la fase prefallimentare, la sentenza di fallimento debba necessariamente rendere conto del giudizio espresso sulla proposta di concordato se, come nel caso in esame, già vi sia stata l'iniziativa di parte. "L'esigenza di distinti provvedimenti, per la dichiarazione d'inammissibilità della richiesta di concordato e per la dichiarazione del fallimento, si pone infatti solo nei casi in cui il fallimento non possa ancora essere dichiarato, in mancanza dell'iniziativa di parte, ora necessaria" (Cass. cit. n. 12986/2009). Il nesso anzidetto si risolve piuttosto in un'esigenza di coordinamento che il giudice fallimentare è tenuto a risolvere a seconda dei casi, dando precedenza all'una ovvero all'altra procedura, purchè nel rispetto indefettibile delle garanzie di difesa, del debitore rispetto alle istanze di fallimento, e degli stessi creditori rispetto alla domanda di concordato, e dell'esigenza che il tessuto motivazionale della sentenza che dichiara il fallimento renda conto della sussistenza dei presupposti oggettivo e soggettivo che la legittimano ai sensi della L. Fall., artt. 1 e 5. Evidentemente, nel caso in esame, il Tribunale ha risolto tale problema di coordinamento dando corso alla procedura attivata dalle creditrici, che ha quindi regolarmente trattato nel contraddittorio della società Class, che in quella sede esplicò la sua difesa in merito alle istanze di fallimento. Nei motivi in esame la ricorrente, che nega, come rilevato infondatamente, finanche d'esser stata convocata per l'udienza prefallimentare, non assume d'aver interloquito con le creditrici istanti sottoponendo loro soluzione preferenziale rispetto al fallimento, nè riferisce quali sarebbero state le iniziative che avrebbe rappresentato in quella sede al Tribunale per dar corso alla procedura alternativa, la cui disamina sarebbe stata omessa. Evoca piuttosto in astratto il suo diritto alla delibazione sulla fattibilità del piano come attestato dal professionista, peraltro neppure demandata nel merito al Tribunale (Cass. n. 18987/2011), senza indicare i profili che ne avrebbero manifestato la preferenza rispetto alla procedura fallimentare in corso. La riscontrata genericità della denuncia palesa ulteriormente l'insussistenza della dedotta violazione di legge, scrutinata, giova ribadire, con riferimento a contesto normativo vigente all'epoca dei fatti, inattuale alla luce delle riforme successivamente intervenute. Sono parimenti inconsistenti le censure che attengono al vizio motivazionale, considerato che la Corte territoriale ha correttamente motivato la decisione adottata, ritenendo l'insolvenza desumibile dai dati emersi, conclamanti uno stato di crisi irreversibile dell'impresa debitrice, ritenuto tale sulla base di vaglio critico adeguatamente illustrato e dunque non sindacabile in questa sede. Resta travolto l'esame dell'ultimo motivo. Tutto ciò premesso, deve disporsi il rigetto del ricorso senza farsi luogo alla pronuncia sulle spese del presente giudizio in assenza d'attività difensiva degli intimati.
La Corte: rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il 18 settembre 2012. Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2012
Norme
I.
L’imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere:
L’imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere:
a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito;
b) l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; possono costituirsi come assuntori anche i creditori o società da questi partecipate o da costituire nel corso della procedura, le azioni delle quali siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato;
c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei;
d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.
II.
La proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d). Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione.
La proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d). Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione.
III.
Ai fini di cui al primo comma per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza.
Ai fini di cui al primo comma per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza.
IV.
In ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari. La disposizione di cui al presente comma non si applica al concordato con continuità aziendale di cui all’articolo 186-bis (1).
In ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari. La disposizione di cui al presente comma non si applica al concordato con continuità aziendale di cui all’articolo 186-bis (1).
(1) Comma aggiunto dall’art. 4 del D.L. 27 giugno 2015, n. 83 in sede di conversione con la L. 6 agosto 2015 n. 132, entrata in vigore il 21 agosto 2015. La modifica si applica ai procedimenti di concordato preventivo introdotti successivamente alla entrata in vigore della citata legge di conversione.
Prassi
- Osservatorio Internazionale crisi di impresa, n. 2, 26 Ottobre 2020, CNDCEC
(tratto da www.commercialisti.it) - Bankitalia: 17° aggiornamento delle istruzioni sulla Centrale dei Rischi
(tratto da ilsocietario.it) -
Documento per la consultazione della Banca d’Italia, 29 novembre 2013. Le novità in tema di concordato preventivo. Riflessi sulla classificazione per qualità del credito dei debitori
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Circolare dell’Agenzia delle Entrate, 5 agosto 2011, n. 41/E. D.L. 6 luglio 2001, n. 98, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, convertito con modificazioni dalla Legge 15 luglio 2011, n. 11. Commento alle novità fiscali
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Circolare dell’Agenzia delle Entrate, 18 aprile 2008, n. 40/E. Concordato preventivo e transazione fiscale
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Circolare INPS, 7 marzo 2007, n. 53. Intervento del fondo di garanzia istituito per la liquidazione del TFR e dei crediti di lavoro diversi dal TFR in caso di insolvenza del datore di lavoro. Riepilogo delle disposizioni vigenti ed orientamenti giurisprudenziali
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Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 18 dicembre 2002. Criteri di approvazione dei programmi di crisi aziendali e per la concessione del trattamento CIGS nei casi di cessazione di attività
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Circolare INPS, 9 maggio 2002, n. 88. Riduzione delle sanzioni civili nei casi di procedure concorsuali. Articolo 116, commi 15 e 16, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Legge finanziaria 2001). Disposizioni in materia di riduzione delle sanzioni civili
Tutta la Giurisprudenza
Art. 160 L.F. Presupposti per l’ammissione alla procedura
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- Cassazione civile, sez. I, 27 maggio 2013, n. 13083
- Cassazione civile, sez. I, 9 maggio 2013, n. 11014
- Cassazione civile, sez. un., 23 gennaio 2013, n. 1521
- Cassazione civile, sez. I, 23 giugno 2011, nn. 13817 e 13818
- Cassazione civile, sez. I, 14 febbraio 2011, n. 3586
- Cassazione civile, sez. I, 25 ottobre 2010, n. 21860
III) Sul contenuto della proposta di concordato
- Cassazione Civile, sez. I, 12 giugno 2020 n. 11347 (Rel. Dolmetta)
- Cassazione Civile, Sez. I, 08 giugno 2020 n. 10884 (Rel. Falabella)
- Cassazione civile, sez. I, 8 febbraio 2017, n. 3317 (Rel. Ferro)
- Cassazione civile, sez. I, 11 aprile 2016, n. 7066
- Cassazione civile, sez. VI, ord, 21 ottobre 2011, n. 21924
IV) Sul classamento dei creditori
VI) Sul concordato con cessione dei beni
- Cassazione civile, sez. I, 10 maggio 2017, n. 11460 (Rel. Di Marzio)
- Cassazione civile, sez. II, 04 settembre 2015, n. 17606
- Cassazione civile, sez. I, 18 maggio 2015, n. 10086
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- Cassazione civile, sez. I, 23 giugno 2011, nn. 13817 e 13818
- Cassazione civile, sez. I, 12 maggio 2010, n. 11520
- Cassazione civile, sez. trib., 9 gennaio 2009, n. 222
VII) Sui rapporti tra concordato preventivo e fallimento
- Cassazione civile, sez. I, 20 febbraio 2020, n. 4343 (Rel. Campese)
- Cassazione civile, sez. I, 20 febbraio 2020, n. 4343 (Rel. Campese)
- Cassazione civile, sez. I, 20 febbraio 2020, n. 4343 (Rel. Campese)
- Cassazione civile, sez. I, 20 febbraio 2020, n. 4343 (Rel. Campese)
- Cassazione civile, sez. VI, 15 luglio 2016, n. 14518
- Cassazione civile, sez. I, 6 novembre 2013, n. 24969
- Cassazione civile, sez. VI, 11 giugno 2013, n. 14684
- Cassazione civile, sez. un., 23 gennaio 2013, n. 1521
- Cassazione civile, sez. I, 24 ottobre 2012, n. 18190
VIII) Sull’abuso di diritto in materia fiscale durante una procedura concorsuale
IX) Sul pagamento dilazionato o ridotto dei creditori prelatizi e sul relativo diritto di voto
- Cassazione civile, sez. I, 04 maggio 2016, n. 8804
- Cassazione civile, sez. I, 23 febbraio 2016, n. 3482
- Cassazione civile, sez. I, 02 settembre 2015, n. 17461
- Cassazione civile sez. I, 26 settembre 2014, n. 20388
- Cassazione civile sez. I, 9 maggio 2014, n. 10112
- Cassazione civile, sez. I, 6 novembre 2013, n. 24970
- Cassazione civile, sez. I, 17 maggio 2013, n. 12064
X) Sul beneficio dell’esonero dal pagamento del contributo di mobilità
XI) Sulla non obbligatorietà di garantire una percentuale di pagamento in caso di concordato con cessione dei beni
XII) Sulla ristrutturazione dei debiti mediante cessioni di partecipazioni sociali
XIII) Sulle differenze tra cessione concordataria "pro solvendo" e "pro soluto"
XIV) Sul controllo del Tribunale in ordine alla veridicità dei dati aziendali in caso di cessione dei beni
XVI) Sull’inammissibilità della rinuncia della domanda concordataria
XVII) Sul controllo del Tribunale sulla relazione del professionista
XVIII) Sulla domanda di concordato dell’impresa cancellata
XX) Sul pagamento dei creditori di grado prelatizio anteriore in caso di crediti tributari non falcidiabili
XXI) Sulla clausola generale della “migliore soddisfazione dei creditori”
XXII) Sull’interpretazione della proposta concordataria
XXIII) Sulla natura neutrale rispetto all’attivo patrimoniale del ricavato dei beni dei soci illimitatamente responsabili
XXIV) Sulla natura neutrale rispetto all’attivo patrimoniale del ricavato dei beni dei soci illimitatamente responsabili
XXV) Sulla facoltatività del patto di stralcio dei prelatizi
XXVII) Sull’abuso dello strumento concordatario
Legge Fallimentare Completa
TITOLO I
Disposizioni generali
TITOLO II
Del fallimento
TITOLO III
Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione
TITOLO IV
Dell’ammissione controllata
TITOLO V
Della liquidazione coatta amministrativa
TITOLO VI
Disposizioni penali
TITOLO VII
Disposizioni transitorie