Cassazione civile, sez. I, 14 marzo 2014, n. 6031
Sulla consecuzione tra procedure allorché vi sia soluzione di continuità
Cassazione civile, sez. I, 14 marzo 2014, n. 6031
“Non esclude la consecuzione tra procedure uno iato temporale fra le stesse allorché si riferiscano comunque alla medesima crisi dell’impresa debitrice”. (massima redazionale)
Cassazione civile sez. I - 14/03/2014 n. 6031
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. SALME' Giuseppe - Presidente
- Dott. BENINI Stefano - Consigliere
- Dott. DIDONE Antonio - rel. Consigliere
- Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere
- Dott. CRISTIANO Magda - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso 11841/2011 proposto da:
A.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso l'avvocato RIDOLA Mario Giuseppe, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati MENCHINI SERGIO, TOGNONI GIANNI, giusta procura in calce al ricorso; - ricorrente -
FALLIMENTO DI H.L.C. S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore Dott. D.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAPOSILE 2, presso l'avvocato ANZALDI ANTONINA, rappresentato e difeso dall'avvocato STANGHELLINI Lorenzo, giusta procura in calce al controricorso; - controricorrente - avverso l'ordinanza del TRIBUNALE di MASSA, depositata il 30/10/2010; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/01/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE; udito, per il ricorrente, l'Avvocato RIDOLA MARIO GIUSEPPE che si riporta; udito, per il controricorrente, l'Avvocato ANZALDI ANTONINA, con delega, che si riporta; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.
- A.G. ha proposto ricorso per cassazione - affidato a sette motivi - contro il decreto del Tribunale di Massa (depositato in data 30.10.2010) con il quale è stata rigettata la sua opposizione allo stato passivo del fallimento della s.p.a. HLC in liquidazione. Il credito per prestazioni professionali del ricorrente - relativo ad attività di assistenza alle società s.r.l. Reale Costruzioni, s.r.l. Residenza Paradiso, s.r.l. Capital Casa e s.r.l. Versilia RE nello svolgimento delle attività necessarie per consentire loro di accedere, unitariamente ad una procedura concorsuale idonea a garantire il massimo soddisfacimento dei rispettivi creditori, nella presentazione dell'istanza di ammissione alla procedura di concordato preventivo (27.2.2007), nella predisposizione dell'atto di fusione del 14.3.2007 con il quale dette società sono state incorporate nella s.p.a. H.L.C., nella successiva presentazione della revoca della proposta di concordato preventivo e nella presentazione (il 9.7.2007) di altro ricorso L. Fall., ex art. 161 - era stato ammesso al passivo in via tardiva dal g.d. per l'importo di Euro 355.680,00 in privilegio ex art. 2751 bis c.c. e per l'importo di Euro 71.136,00 in chirografo mentre era stata disattesa la richiesta di collocazione in prededuzione. Il Tribunale ha rigettato l'opposizione con la quale il creditore lamentava l'omessa collocazione in prededuzione. Secondo il Tribunale, l'elemento qualificante della prededucibilità risiede nella esistenza di un controllo giurisdizionale sulla fonte dell'obbligazione che ha determinato il credito, per cui solo i crediti relativi ai debiti della massa e non del fallito, che siano sorti nell'ambito dell'attività sottoposta al controllo del giudice, saranno considerati prededucibili, ne discende che l'espressione "in funzione" contenuta nella L. Fall., art. 111, non può prescindere dalla esistenza di una procedura aperta perchè non può prescindere dal controllo giurisdizionale, che si attiva con l'apertura della procedura. Inoltre, "il fatto stesso che l'imprenditore abbia revocato l'originaria domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, interrompe (in astratto) il collegamento tra la prima procedura e il successivo fallimento, escludendo che le spese siano state sostenute nell'interesse della massa". 1.1.
- Resiste con controricorso la curatela fallimentare intimata la quale, in via preliminare, eccepisce l'inammissibilità per tardività del ricorso, proposto (il 30.4.2011) nel termine semestrale di cui all'art. 327 c.p.c., ma oltre il termine di trenta giorni dalla comunicazione del decreto eseguita (il 30.10.2010) dal cancelliere L. Fall., ex art. 99, con spedizione a mezzo di posta elettronica all'indirizzo del difensore dell'opponente (avv. Tognoni) risultante dall'estratto dell'Albo degli Avvocati di Massa e ciò ai sensi dell'art. 136 c.p.c.. Nel termine di cui all'art. 378 c.p.c., le parti hanno depositato memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
2.
- L'eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività è infondata perchè - essendo applicabile, ratione termporis, il testo previgente dell'art. 136 c.p.c. - è applicabile il principio per il quale la comunicazione a mezzo posta elettronica dell'ordinanza pronunciata fuori udienza all'indirizzo indicato dal difensore è valida se il destinatario abbia dato risposta per ricevuta non in automatico, documentata dalla relativa stampa, attesa l'esigenza di assicurare la certezza dell'avvenuta ricezione dell'atto da parte del destinatario, in considerazione del carattere sostitutivo della procedura telematica rispetto a quella cartacea, prevista in via generale dall'art. 136 cod. proc. civ. e art. 145 disp. att. cod. proc. civ., per la comunicazione degli atti processuali, e della possibilità di eventuali difetti di funzionamento del sistema di trasmissione (Sez. 2, Sentenza n. 6635 del 30/04/2012). La documentazione prodotta in copia non autentica dalla curatela resistente è inidonea a dimostrare l'effettiva comunicazione del decreto.
2.1.
- I sette motivi del ricorso - con i quali il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 111 e vizi di motivazione - per la loro intima connessione possono essere esaminati congiuntamente e sono stati diligentemente (e utilmente ex art. 360 bis c.p.c.) riassunti dal difensore come segue: il provvedimento impugnato ha violato e falsamente applicato la norma della L. Fall., art. 111, laddove a) è arrivato ad escludere che possano essere ricondotti alla nozione di "funzionalità" di cui alla L. Fall., art. 111, i crediti geneticamente e finalisticamente collegati ad una procedura concorsuale ancorchè non approvati da un organo giudiziario; b) ha mantenuto una interpretazione ormai superata di credito prededucibile, considerando tale solo quello riconducibile a spese funzionali al fallimento; c) ha escluso la rilevanza autonoma del credito professionale sorto in funzione di una procedura di concordato preventivo; 2) ha omesso di motivare alcuni aspetti della propria decisione ed ha emesso una ordinanza (recte: decreto, n.d.r.) che risulta insufficiente e contraddittoria laddove a) non ha chiarito per quale ragione il credito professionale del Prof. A. non possa essere ricondotto ad un debito della massa sorto in ragione di un interesse dei creditori; b) ha omesso di valutare la funzionalità dell'attività prestata dal Prof. A. alla procedura concordataria e all'interesse dei creditori; ce) ha tenuto in considerazione soltanto l'attività prestata ai fini della domanda di concordato preventivo, predisposta dal Prof. A., ammessa dal Tribunale e poi revocata dall'imprenditore e non anche l'attività prestata dal dottore commercialista dopo l'ammissione alla procedura e quella svolta ai fini della domanda di concordato preventivo, del pari predisposta dal Prof. A. e non ammessa dal Tribunale per l'inerzia del debitore nel depositare la cauzione richiesta. I motivi - nei limiti infra precisati - sono fondati.
3.
- Le questioni di diritto poste dal ricorso sono due, così come le rationes decidendi della sentenza impugnata. La prima concerne la stessa applicabilità della L. Fall., art. 111, nel testo introdotto dalla riforma, ai crediti sorti prima della dichiarazione di fallimento mentre la seconda concerne la consecuzione delle procedure concorsuali, avendo il Tribunale negato la richiesta prededucibilita del credito sia perchè l'espressione "in funzione" contenuta nella L. Fall., art. 111, non potrebbe prescindere dalla esistenza di una procedura aperta sia perchè la revoca della prima procedura avrebbe interrotto "(in astratto) il collegamento tra la prima procedura e il successivo fallimento".
3.1.
- Quanto al primo aspetto, attraverso l'interpretazione sistematica del combinato disposto della L. Fall., art. 67, lett. g) e L. Fall. 111, comma 2 (come invocato anche dal ricorrente: v. 3 motivo, pag. 18 del ricorso) e la corretta lettura della lettera della disposizione (Sez. 1, n. 18437/2010), senza confondere la disgiuntiva "o" con la congiuntiva "e" (come ritenuto invece dal provvedimento impugnato), unitamente alla ratio della riforma della disciplina del concordato preventivo, quale possibile soluzione di composizione della crisi idonea a favorire la conservazione dei valori aziendali, altrimenti destinati ad un inevitabile quanto inutile depauperamento (Sez. un., n. 1521/2013), la seconda norma va intesa nel senso che credito sorto in "funzione" di una procedura concorsuale è senza dubbio anche quello sorto "per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali" (L. Fall., art. 67, lett. g), non rilevando la natura concorsuale del credito stesso, per essere sorto in periodo anteriore al fallimento (Sez. 1, n. 3402/2012). Talchè la più recente giurisprudenza della Corte ha affermato la natura prededucibile del credito del professionista per l'attività prestata in favore dell'imprenditore - poi dichiarato fallito - in funzione dell'ammissione del medesimo alla procedura di concordato preventivo (Sez. 1, n. 8533/2013; conff: Sez. 1, n. 9489/2013; Sez. 1, n. 9316/2013).
3.2.
- Che l'accesso alla procedura di concordato preventivo costituisca di per sè un vantaggio per i creditori appare evidente dagli effetti della consecuzione delle procedure, tra cui la cristallizzazione della massa (L. Fall., art. 55) e la retrodatazione del periodo sospetto ai fini dell'esperimento della revocatoria fallimentare. La curatela resistente invoca il disposto della L. Fall. art. 182 quater, comma 4, a conferma dell'interpretazione accolta dal tribunale. Sennonchè, da un lato la predetta norma (dettata, peraltro, per la prededucibilità "nel" concordato preventivo) non è applicabile ratione temporis, essendo stata introdotta nel 2010 e, dall'altro, essa è stata abrogata dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha convertìto, con modificazioni, il D.L. 22 giugno 2012, n. 83 e tale modifica si applica a far tempo dall'11 settembre 2012, come disposto dal cit. D.L. n. 83 del 2012, art. 33, comma 3. Ma proprio dalla L. Fall., art. 182 quater, nondimeno, si trae conferma di ciò, che crediti prededucibili possono essere anche i crediti sorti prima dell'apertura della procedura e, tra essi, i crediti sorti "in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo" (L. Fall., art. 182 quater, comma 2). Ciò che costituisce ulteriore conferma del significato (accolto dalla giurisprudenza di questa Corte) dell'enunciato "in funzione", che richiama il concetto di "servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali" (L. Fall., art. 67, lett. g), dovendosi, quindi, intendere l'enunciato "strumentale a" come sinonimo di "funzionale". Le pronunce richiamate dalla curatela fallimentare nella memoria ex art. 378 c.p.c., non si attagliano alla concreta fattispecie. La prima, invero, attiene a fattispecie relativa a fallimento regolato dalla disciplina previgente (Sez. 1, n. 8534/2013) mentre la seconda (Sez. 1, n. 7166/2012) ha valorizzato l'esistenza di fatti idonei a provocare la revoca dell'ammissione alla procedura L. Fall., ex art. 173 e non tiene conto (nè poteva per evidenti ragioni temporali) della codificazione della consecuzione nella L. Fall., art. 69 bis, con le relative conseguenze in termini di vantaggi per la massa dall'emersione tempestiva dello stato di insolvenza, della cristallizzazione della massa passiva e della retrodatazione, oltre che della inefficacia ex lege delle garanzie previste per la prima volta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 33, convertito in legge con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha aggiunto alla fine della L. Fall., art. 168, u.c., le parole "Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato". Con la conseguenza (peraltro desumibile anche dalla L. Fall., art. 182 quater) che la funzionalità, nel caso in esame, è presunta nell'ammissione alla procedura di concordato mentre restano irrilevanti le vicende successive della procedura medesima, una volta aperta. 3.3.- La consecuzione, dapprima riaffermata dalla giurisprudenza di legittimità - dopo la riforma della legge fallimentare - proprio alla luce del nuovo testo della L. Fall., art. 111 (Sez. 1, n. 18437/2010) è ora espressamente prevista dal Legislatore (L. Fall., art. 69 bis, comma 2, nel testo introdotto dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha convertito, con modificazioni, il D.L. 22 giugno 2012, n. 83). La pronuncia da ultimo richiamata (e qui viene in rilievo la seconda ratio decidendi del decreto impugnato) ha evidenziato che la L. Fall., art. 111, comma 2 (introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2006) dispone che sono considerati debiti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla legge fallimentare (Sez. 1, n. 18437/2010). La norma, come si evince dal dato testuale, considera prededucibili anche debiti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo e si riferisce chiaramente alla ipotesi in cui alla procedura di concordato preventivo sia seguito il fallimento dell'imprenditore. Con tale disposizione, come ritenuto dalla dottrina, "si è preso atto legislativamente della continuità delle procedure consecutive, il che impone, essendo tali procedure volte ad affrontare la medesima crisi ritenuta in un primo momento suscettibile di regolazione attraverso un accordo con i creditori e successivamente risultata tale da condurre alla liquidazione fallimentare di valutare in maniera unitaria determinati aspetti della disciplina fallimentare. Ne deriva che, qualora, a seguito di una verifica a posteriori venga accertato, con la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore, che lo stato di crisi in base al quale ha chiesto la ammissione al concordato preventivo era in realtà uno stato di insolvenza, la efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento, intervenuta a seguito della declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, deve essere retrodatata alla data di presentazione di tale domanda, atteso che la ritenuta definitività anche della insolvenza che è alla base della procedura minore, come comprovata, ex post, dalla sopravvenienza del fallimento, e, quindi, l'identità del presupposto, porta ad escludere la possibilità di ammettere, in tal caso, l'autonomia delle due procedure" (Sez. 1, n. 18437/2010). Nella fattispecie in esame il Tribunale non ha in concreto escluso la consecuzione tra la prima procedura e il fallimento, posto che si è limitato ad affermare che "il fatto stesso che l'imprenditore abbia revocato l'originaria domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, interrompe (in astratto) il collegamento tra la prima procedura e il successivo fallimento, escludendo che le spese siano state sostenute nell'interesse della massa". Per contro, nella giurisprudenza di questa Corte si è ritenuto che non vale ad escludere la consecuzione la circostanza che (come nella specie) tra le due procedure sia intercorsa una soluzione di continuità, atteso che la continuità tra le procedure non si risolve in un mero dato temporale, configurandosi, per converso, come fattispecie di consecuzione (più che di successione) tra esse, il fallimento rappresentando lo sviluppo della condizione di dissesto che diede causa alla precedente procedura concorsuale (Sez. 1, n. 6019/2003, fattispecie in cui erano trascorsi circa cinque mesi tra la scadenza del biennio dell'amministrazione controllata e la dichiarazione di fallimento). L'accertamento in concreto di quella consecuzione deve essere demandato al Tribunale in diversa composizione. Ciò al fine di applicare i principi innanzi enunciati sub 3, distinguendo i crediti per compenso di attività professionali funzionali all'ammissione alla prima procedura, nell'ipotesi di accertata consecuzione e accertando in concreto l'utilità per la massa in relazione alle eventuali altre prestazioni successive.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame e per le spese al Tribunale di Massa in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 gennaio 2014. Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2014
Art. 69-bis L.F. Decadenza dell’azione e computo dei termini
I.Le azioni revocatorie disciplinate nella presente sezione non possono essere promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi cinque anni dal compimento dell’atto.
Nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segue la dichiarazione di fallimento, i termini di cui agli articoli 64, 65, 67, primo e secondo comma, e 69 decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese (2).
Art. 69-bis L.F. Decadenza dell’azione e computo dei termini
II) Sulla successione del fallimento al concordato preventivo ed all’amministrazione controllata
III) Sull'irrilevanza in sede penale della consecuzione tra procedure
IV) Sul principio di consecuzione tra le procedure e sul regime applicabile in materia di revocatoria
V) Sulla decorrenza della decadenza in caso di consecuzione di procedure
VI) Sull’efficacia dell’iscrizione ipotecaria ante tre mesi in caso di successivo fallimento
VII) Sulla prededuzione in consecutio
I) Sulla consecutio tra procedure concorsuali
- Cassazione Civile, sez. I, 11 giugno 2019 n. 15724 (Rel. Pazzi) (b)
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- Cassazione civile, sez. I, 29 maggio 2019, n. 14717 (Rel. Vella)
- Cassazione civile, sez. I, 29 maggio 2019, n. 14713 (Rel. Terrusi)
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- Cassazione civile, sez. VI, 09 settembre 2016, n. 17911 (Rel. Genovese)
- Cassazione civile, sez. I, 19 luglio 2016, n. 14781
- Cassazione civile, sez. I, 16 maggio 2016, n. 9996
- Cassazione civile, sez. I, 13 aprile 2016, n. 7324
- Cassazione civile, sez. I, 13 aprile 2016, n. 7324
- Cassazione civile sez. VI, 12 febbraio 2015, n. 2841
- Cassazione civile sez. VI, 10 febbraio 2015, n. 2572
- Cassazione civile, sez. I, 14 marzo 2014, n. 6031
- Cassazione civile, sez. VI, 3 settembre 2013, n. 20169
- Cassazione civile, sez. I, 8 maggio 2013, n. 10724
- Cassazione civile, sez. I, 17 febbraio 2012, n. 2337
- Cassazione civile, sez. I, 6 agosto 2010, n. 18437