Giurisprudenza Ordinata Cronologicamente

Cassazione civile, sez. I, 25 ottobre 2010, n. 21860

Sul controllo di legittimità demandato al giudice e su quello di merito attribuito ai creditori
Cassazione civile, sez. I, 25 ottobre 2010, n. 21860

“Non è condivisibile l’orientamento secondo il quale il tribunale è tenuto ad accertare non solo la completezza e la regolarità della documentazione allegata alla domanda di concordato preventivo ma anche la fattibilità del piano, sia pure attraverso un controllo della regolarità e della completezza dei dati aziendali esposti ed attraverso una puntuale verifica dell’iter logico attraverso il quale il professionista attestatore giunge ad affermare la fattibilità del piano, e ciò al fine di verificare la serietà delle garanzie offerte dal debitore o la sufficienza dei beni ceduti per la realizzazione del piano stesso. Detto orientamento giurisprudenziale è infatti in contrasto con il dettato normativo dal quale si ricava che il legislatore ha inteso dare una netta prevalenza alla natura contrattuale e privatistica del concordato, nell’ambito del quale è attribuito decisivo rilievo al consenso dei creditori”. (in
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Cassazione civile sez. I - 25/10/2010 n. 21860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. PROTO Vincenzo - Presidente
- Dott. FIORETTI Francesco Maria - rel. Consigliere
- Dott. DI PALMA Salvatore - Consigliere
- Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere
- Dott. MERCOLINO Guido - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 22617/2009 proposto da:
INDUSTRIAL LIFT TECHNOLOGY S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZZA GIUNONE REGINA 1, presso l'avvocato CARLEVARO ANSELMO, rappresentata e difesa dagli avvocati PAOLI Giampiero, FRANCIA STEFANO, giusta procura in calce al ricorso; - ricorrente -
contro
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI MACERATA; - intimata - avverso il provvedimento n. 1524/2009 del TRIBUNALE di MACERATA, depositato il 01/10/2009; udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 21/09/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI; udito, per la ricorrente, l'Avvocato S. FRANCIA che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La s.r.l. Industriai Lift Technology, in liquidazione, corrente in (OMISSIS), in data 26 maggio 2009 depositava presso il Tribunale di Macerata domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, proponendo ai creditori la cessione a terzi di beni strumentali mobili, dei crediti, della cassa e del magazzino aziendale, nonchè delle immobilizzazioni. La ricorrente allegava alla domanda la relazione di un professionista sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa, lo stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti. Secondo la società proponente e secondo la allegata relazione del professionista la proposta avrebbe consentito l'integrale soddisfacimento dei creditori privilegiati ed il soddisfacimento di quelli chirografari nella misura del 25%, nonchè la allocazione in prededuzione delle spese del ricorso per concordato e di quelle correnti per il completamento delle commesse in corso. Con decreto in data 16 settembre 2009 il Tribunale di Macerata ha respinto la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo presentata dalla società summenzionata, osservando: che la summenzionata relazione del professionista, pur rendendo attestazione di fattibilità del piano concordatario, si limita, nel formulare detto giudizio, alla mera operazione contabile di svalutazione (decurtandoli percentualmente) dei crediti risultanti dalle scritture contabili, delle quali deduce la corrispondenza al vero esclusivamente dalla ritenuta regolarità formale della loro tenuta; che la mancanza di elementi comprovanti la effettiva esistenza dei crediti appostati in contabilità, la possibilità ed i tempi di realizzazione, nonchè la difficile collocazione sul mercato, data la crisi del settore, dei beni in magazzino, consistenti in parti meccaniche per la realizzazione di carrelli elevatori, non consentono al Tribunale di effettuare una valutazione di fattibilità in concreto del piano concordatario; che un ulteriore profilo di inaccoglibilità della istanza è rappresentato dalla previsione che una parte dell'attivo venga utilizzato per la continuazione della produzione industriale, per poi appostare all'attivo della procedura il presunto ricavo della vendita dei beni realizzati, essendo impossibile per la procedura liquidare beni ai fini della continuazione dell'attività industriale e comportando tale operazione una impossibile commistione tra i patrimoni della società istante e della procedura; che, anche ad accedere alla tesi della attuale natura eminentemente privatistica del concordato, la valutazione che il Tribunale è chiamato a dare deve necessariamente incidere sulla esistenza dei requisiti e dei presupposti di validità - almeno di quelli la cui mancanza è rilevabile d'ufficio del contratto, la cui proposta viene avanzata al Tribunale, risolvendosi in caso contrario l'esame del Tribunale in un mero, inutile ed insensato recepimento della proposta, purchè ne sia rispettata la forma; che quasi la metà dell'attivo è rappresentato da crediti verso clienti (921.000 Euro circa su 1.875.000 Euro circa), dei quali si è rilevata la sostanziale astrattezza, mentre un quarto circa dell'attivo (Euro 433.000 circa) è rappresentato dal magazzino, per il quale si sono già illustrate le relative perplessità di realizzo; che appare evidente la non fattibilità del concordato, dato che il valore concretamente valutabile dell'attivo presente sarebbe lontanissimo finanche dall'importo dei soli crediti privilegiati (per complessivi Euro 1,6 milioni circa); che tale conclusione evidenzia la nullità del proposto contratto, sub specie di impossibilità dell'oggetto (soddisfacimento di tutti i creditori privilegiati ed almeno in parte di quelli chirografari); che essendo liquidatoria la finalità sottesa alla proposta di concordato, al fine appare bastevole la procedura di cui alla L. Fall., art. 182 bis (accordo di ristrutturazione). Avverso detto decreto la Industriai Lift Technology a r.l. in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 162, comma 2, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Il Tribunale avrebbe esorbitato dai limiti di legge, giacchè in nessuna parte del R.D. n. 267 del 1942, art. 162, è previsto che il Tribunale possa svolgere e anticipare valutazioni di merito sulla fattibilità e sui contenuti della proposta, istituzionalmente demandate alle successive fasi procedimentali, dovendosi il Tribunale nella fase di esordio limitare a verificare il. rispetto delle condizioni sostanziali e formali poste dal R.D. n. 267 del 1942, artt. 160 e 161. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione R.D. n. 267 del 1942, art. 161, comma 3, e art. 162, comma 3, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Nell'art. 161 anzicitato non vi sarebbe alcun riferimento alla necessità che il professionista effettui indagini e che il Tribunale verifichi come siano state effettuate indagini sui crediti e sulla tempistica di incasso. La relazione del professionista rappresenterebbe un indubbio elemento di serietà ed attendibilità della proposta, fonte di responsabilità per il professionista stesso, ma, una volta riscontratane la presenza in atti e la sua redazione secondo il contenuto minimo richiesto dalla norma, non potrebbe il Tribunale, nella fase di esordio della procedura, sindacarne la intrinseca attendibilità sulla base di criteri non previsti da detta norma. Per la verifica sul merito, sul contenuto e sulla attendibilità dei dati contabili sarebbe, non a caso, specificamente prevista una successiva fase, nel capo 3^ del titolo 3^, che prevede una verifica dei crediti e dei debiti affidata al commissario giudiziale (art. 170), una redazione dell'inventario del patrimonio del debitore e una relazione sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulla proposta stessa di concordato e sulle garanzie offerte, il tutto con attività a carico del commissario giudiziale (art. 172), dotato di penetranti poteri di provocare l'apertura del procedimento di revoca dell'ammissione al concordato allorchè ravvisi occultamenti di attivo, omessa denuncia di crediti, esposizione di passività inesistenti ed altri atti in frode (art. 173). Tale fase sarebbe priva di senso logico se al Tribunale fosse dato il potere, nella precedente fase dell'ammissione alla procedura di cui al capo 1^I, di bocciare immediatamente nel merito la proposta concordataria (avanzando dubbi sulla effettività e sulla tempistica di realizzazione dei crediti). Peraltro il Tribunale avrebbe violato l'art. 162, comma 1, in base al quale il Tribunale può concedere al debitore un termine di quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti, violazione che si innesterebbe in un vizio di omessa motivazione, giacchè il Tribunale, all'udienza del 24 giugno 2009, aveva chiesto un aggiornamento dei dati aziendali al 31 maggio 2009, senza chiedere alcun chiarimento sui profili che poi aveva posto a base del decreto di rigetto. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 111, comma 2, e art. 162, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Il Tribunale, nel respingere la domanda di concordato per l'ulteriore ragione che il piano presenta la appostazione in prededuzione di somme per il pagamento delle spese del ricorso, delle quali non potrebbe essere onerata la procedura, avrebbe proceduto ad un non consentito esame del contenuto del ricorso, mentre si sarebbe dovuto limitare a verificarne le condizioni di ammissibilità, violando peraltro la L. Fall., art. 111, comma 2, che espressamente prevede la prededuzione per le spese inerenti e funzionali alla procedura, incluse quelle dei professionisti già anticipate e pagate, in quanto propedeutiche. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 162 e art. 167, comma 1, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e contraddittorietà della motivazione con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Il Tribunale sarebbe incorso nel vizio di contraddittoria motivazione nel ritenere inaccoglibile la istanza nella parte in cui prevede che parte dell'attivo realizzando vada utilizzato per la continuazione della produzione industriale, non essendo possibile per la procedura liquidare beni al fine della continuazione dell'attività industriale e determinandosi così una inammissibile commistione tra i diversi patrimoni della istante e della procedura. Il Tribunale, così argomentando, non avrebbe considerato che la continuazione della produzione industriale era funzionale, come scritto nella domanda, al completamento delle lavorazioni per il conseguimento di prodotti finiti da vendere con maggiore vantaggio per il ceto creditorio, attività compatibile con lo stato di liquidazione in quanto avente funzione conservativa e di tutela del patrimonio. Inoltre non avrebbe considerato che giuridicamente non esiste un patrimonio della società richiedente il concordato e un diverso e distinto patrimonio della società post ammissione alla procedura di concordato, atteso che ai sensi dell'art. 167 il debitore ammesso alla procedura conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio della impresa sotto la vigilanza del commissario giudiziale. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 162, art. 161, comma 4, e art. 152, comma 3, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Erroneamente il Tribunale avrebbe affermato, con riferimento alle condizioni di ammissibilità del ricorso, che mancherebbe l'originale o la copia autentica del verbale dell'assemblea straordinaria del 15 maggio 2009 a rogito notaio Pane attributivo al liquidatore dei poteri di sottoscrizione e presentazione della domanda di concordato, non essendone prevista la produzione in originale o in copia autentica ed essendo pertanto sufficiente, pertanto, la produzione effettuatane in fotocopia. Nè il Tribunale, pur avendo fissato una udienza per il 24 giugno 2009, esercitando il suo potere di chiedere integrazioni o chiarimenti, si sarebbe premurato di chiedere la integrazione della predetta documentazione. La decisione di decretare il rigetto della proposta in relazione a tale supposta carenza avrebbe concretizzato, pertanto, una ulteriore ed autonoma violazione di legge. Il ricorso è fondato. Con il presente ricorso la società ricorrente, in sintesi, chiede a questa Suprema Corte di stabilire quali poteri spettino al Tribunale nella fase in cui è chiamato a pronunciarsi circa la ammissibilità della proposta di concordato preventivo. Ai sensi della L. Fall., art. 160, come modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007, l'imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere: a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma (come la cessione dei beni, l'attribuzione ai creditori di azioni, quote, obbligazioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito); b) l'attribuzione delle attività del debitore ad un assuntore; c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei; d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse. La proposta può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca non vengano soddisfatti integralmente, purchè il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, comma 3, lett. d). Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può alterare l'ordine legittimo di prelazione. Il successivo art. 161 (come modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007) stabilisce che il debitore che domanda la ammissione alla procedura di concordato preventivo deve presentare con il ricorso: a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa; b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; c) l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore; d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili; che il piano e la documentazione summenzionata devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, comma 3, lett. d), (vale a dire da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che sia avvocato, dottore commercialista, ragioniere, ragioniere commercialista, oppure che sia uno studio professionale associato o una società tra professionisti, con designazione in tal caso della persona fisica responsabile della procedura) che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo. L'art. 162 (come modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007) dispone che il Tribunale può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti e che, se all'esito del procedimento verifica che non ricorrono i presupposti di cui all'art. 160, commi 1 e 2, e art. 161, sentito il debitore in Camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta di concordato. In tali casi, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli artT. 1 e 5 dichiara il fallimento del debitore. L'art. 163 (come modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007) dispone che il Tribunale, ove non abbia provveduto a norma dell'art. 162, commi 1 e 2, con decreto non soggetto a reclamo, dichiara aperta la procedura di concordato preventivo; ove siano previste diverse classi di creditori, il Tribunale provvede analogamente previa valutazione della correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi. Il Tribunale, se ritiene ammissibile la proposta di concordato, dichiara aperta la procedura, delega un giudice alla procedura stessa, ordina la convocazione dei creditori, nomina il commissario giudiziale (art. 163). Quest'ultimo deve procedere alla verifica dell'elenco dei creditori e dei debitori con la scorta delle scritture contabili presentate a norma dell'art. 161, apportandovi le necessarie rettifiche (art. 171); deve redigere l'inventario del patrimonio del debitore e una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori e la deposita in cancelleria almeno tre giorni prima dell'adunanza dei creditori; chiedere eventualmente al giudice delegato la nomina di uno stimatore per essere assistito nella valutazione dei beni. (art. 172); se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività inesistenti o commesso altri atti di frode, deve darne immediata notizia al Tribunale, il quale apre d'ufficio la procedura per la revoca del concordato, alla cui revoca provvede con decreto; su istanza del creditore o del pubblico ministero, accertati i presupposti di legge, dichiara il fallimento del debitore, provvedendo in tal senso anche se questi durante la procedura compie atti non autorizzati ex art. 67 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l'ammissibilità del concordato (art. 173). Nell'adunanza dei creditori il commissario giudiziale illustra la sua relazione e le proposte definitive del debitore; ciascun creditore può esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibile o accettabile la proposta di concordato e sollevare contestazioni sui crediti concorrenti; il debitore ha facoltà di rispondere e contestare a sua volta i crediti e ha il dovere di fornire al giudice gli opportuni chiarimenti (art. 175). Si procede poi alla votazione ed il concordato è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto; ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se tale maggioranza si verifica inoltre nel maggior numero di classi (art. 177). Dal riferito quadro normativo si evince che l'imprenditore che propone ai propri creditori un piano per risolvere la situazione di crisi in cui si trova, è tenuto ad allegare al ricorso, con cui chiede l'ammissione alla procedura di concordato preventivo: a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa; b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; c) l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali sui beni di proprietà o in possesso del debitore; d) (la indicazione ) del valore dei beni e dei creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili; che i dati aziendali risultanti dalla documentazione allegata al ricorso debbono essere veridici ed il piano, oggetto della proposta di concordato, deve essere fattibile, vale dire che consenta, tenuto conto dei dati forniti dall'imprenditore, di ritenere possibile, se tali dati rispecchiano realmente la realtà aziendale, la realizzazione del soddisfacimento dei creditori nella misura indicata dall'imprenditore proponente; che la verifica della veridicità dei dati aziendali e la valutazione di fattibilità del piano deve essere effettuata da un professionista - che anche se scelto dall'imprenditore, è un professionista qualificato (la legge prevede che debba essere scelto tra quelli iscritti nel registro dei revisori dei conti) - il quale deve redigere una motivata relazione (essendo il suo elaborato finalizzato a garantire la serietà della proposta dell'imprenditore), dalla quale risultino la attività svolta e le ragioni che lo hanno portato a ritenere veridici i dati aziendali e fattibile il piano; che la relazione del professionista non può essere equiparata ad una semplice consulenza di parte; la legge stabilisce, infatti, che il professionista deve "attestare", vale a dire certificare e garantire al Tribunale chiamato a pronunciarsi sulla ammissibilità della proposta, che i dati aziendali sono veridici e che il piano presenta il carattere della fattibilità; che presentato il ricorso, l'imprenditore può chiedere al Tribunale la concessione di un termine per apportare integrazioni al piano ( ovviamente al fine di accrescere la possibilità di accettazione da parte del ceto dei creditori) e produrre nuovi documenti; che il Tribunale, nel procedere al giudizio di ammissibilità della proposta di concordato deve verificare se "ricorrono i presupposti di cui all'art. 160, commi 1 e 2, e art. 161". Dottrina e giurisprudenza dei giudici di merito sono abbastanza concordi nel ritenere che rientrano tra i presupposti da verificare: la sussistenza della qualità di imprenditore commerciale del proponente; del suo stato di crisi; il superamento dei livelli dimensionali di cui all'art. 1, necessario perchè l'impresa possa essere ritenuta soggetta al fallimento ed al concordato preventivo; il rispetto della competenza territoriale; la formale correttezza del ricorso e la completezza degli allegati; la correttezza della eventuale formazione delle classi dei creditori; l'esistenza della perizia giurata di un professionista stimatore, di cui all'art. 160, nella ipotesi in cui la proposta preveda il soddisfacimento soltanto parziale dei creditori prelatizi. Contrastanti orientamenti si riscontrano, invece, sia in dottrina che nella giurisprudenza di merito in ordine alla persistenza, con la nuova disciplina, di poteri di controllo di merito, da parte dell'organo giudiziario, sulla proposta di concordato. Si tratta cioè di stabilire la ampiezza dei poteri attribuiti dal legislatore al Tribunale nello statuire che deve verificare se "ricorrono i presupposti di cui all'art. 160, commi 1 e 2, e art. 161". Un primo orientamento, soprattutto dottrinale, ritiene che, in sede di giudizio di ammissibilità, il Tribunale deve limitarsi ad un controllo meramente formale della completezza e regolarità della documentazione allegata alla domanda; altro orientamento ritiene che il Tribunale, in tale sede, è tenuto ad accertare anche la fattibilità del piano, attraverso un controllo della regolarità e della completezza dei dati aziendali esposti ed attraverso una puntuale verifica dell'iter logico attraverso il quale il professionista è giunto ad affermare la fattibilità del piano, e ciò al fine di verificare la serietà delle garanzie offerte dal debitore o la sufficienza dei beni ceduti per la realizzazione del piano. Tale secondo orientamento, giustificato con l'esigenza di salvaguardare interessi di carattere pubblicistico e di evitare che la procedura di concordato preventivo possa essere utilizzata dagli imprenditori insolventi con finalità meramente dilatorie, non appare condivisibile, essendo in contrasto con il dettato normativo dal quale si ricava che il legislatore ha inteso dare una netta prevalenza alla natura contrattuale, privatistica del concordato, che dà decisivo rilievo al consenso dei creditori. Suffragano detta affermazione le seguenti considerazioni. L'art. 180 della legge fallimentare (nella attuale formulazione) dispone che, sè il concordato è stato approvato a norma dell'art. 177, comma 1 (il quale dispone che il concordato è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto e che, ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se la maggioranza si verifica inoltre nel maggior numero di classi) il Tribunale, se non sono state proposte opposizioni, "verificata la regolarità della procedura e l'esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame". Da tale disposizione si evince chiaramente che la decisione in ordine alla convenienza del concordato spetta esclusivamente ai creditori; al Tribunale, in mancanza di opposizioni, spetta il solo potere di verificare che la procedura si sia svolta regolarmente e se il concordato è stato effettivamente approvato dalla maggioranza. L'art. 180, prevede una eccezione. Tale norma attribuisce al Tribunale il potere di sindacare la convenienza del concordato, qualora i creditori siano stati divisi in classi, i creditori appartenenti ad una di esse abbiano in maggioranza espresso voto contrario ed uno dei creditori, appartenente alla classe dissenziente, contesti la convenienza della proposta. Da tale disposizione si evince chiaramente che il Tribunale può sindacare la convenienza del concordato solo su istanza del creditore appartenente alla classe dissenziente, giammai potrebbe procedervi d'ufficio. Devesi peraltro osservare che tale valutazione di convenienza è limitata alla convenienza per la sola classe dissenziente, dovendo in tal caso il Tribunale accertare se i creditori appartenenti a tale classe possono ricevere, da soluzioni alternative, un trattamento migliore di quello loro riservato con la proposta concordataria. Se il Tribunale in sede di omologazione del concordato non può procedere d'ufficio a valutazioni di convenienza del concordato, dato il determinante ed esclusivo rilievo attribuito al consenso dei creditori, non può fondatamente ritenersi, in mancanza di una espressa disposizione, che il legislatore abbia attribuito al Tribunale, in sede di giudizio di ammissibilità, il potere di sindacare d'ufficio la fattibilità del piano, vale a dire poteri maggiori di quelli attribuiti al Tribunale stesso in sede di omologazione, privando, qualora ritenga non fattibile il piano, i creditori della possibilità di esaminare la proposta, di valutarne la congruità e convenienza e di accettarla dopo avere eventualmente vagliato anche il rischio di un insuccesso della proposta concordataria. Nè il Tribunale può procedere ad accertare se effettivamente, contrariamente a quanto affermato dal professionista nella sua relazione, i dati aziendali sono veridici. Si osserva al riguardo quanto segue. Il commissario giudiziale, nominato dal Tribunale nel dichiarare aperta la procedura di concordato, come emerge dalla su riportata normativa, è tenuto a procedere alla verifica dell'elenco dei creditori e dei debitori con la scorte delle scritture contabili presentate a norma dell'art. 161, apportandovi le necessarie rettifiche; deve redigere l'inventario del patrimonio del debitore ed una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori, giovandosi eventualmente, per la valutazione dei beni, di uno stimatore nominato dal giudice delegato. Detta relazione deve essere depositata almeno tre giorni prima dell'adunanza dei creditori. All'adunanza dei creditori il commissario giudiziale deve illustrare la sua relazione e le proposte definitive del debitore. Successivamente alla illustrazione della relazione, si apre la discussione sulla proposta, ciascun creditore può esporre le proprie ragioni per le quali non ritiene ammissibile o accettabile la proposta di concordato e sollevare contestazioni sui crediti concorrenti, al debitore è data facoltà di rispondere alla contestazioni mosse da ciascun creditore e di contestare a sua volta i crediti; inoltre ha il dovere di fornire al giudice gli opportuni chiarimenti. Quindi la votazione dei creditori interviene soltanto dopo che la proposta è stata vagliata accuratamente nel contraddittorio delle parti interessate (debitore e creditori) e sulla base di dati attendibili, atteso che il commissario giudiziale è tenuto ad informare immediatamente il Tribunale, al fine della apertura d'ufficio della procedura per la revoca del concordato, qualora, nel corso dell'attività espletata accerti che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività inesistenti o commesso altri atti di frode. Dalla complessa attività che il commissario giudiziale è tenuto a svolgere e dai poteri che la legge gli attribuisce si ricava che questo, nelle intenzioni del legislatore, è l'organo cui è affidato il compito di garantire che i dati sottoposti alla valutazione dei creditori siano completi, attendibili e veritieri, mettendo gli stessi in condizione di decidere con cognizione di causa sulla base di elementi che corrispondono alla realtà; tanto ciò è vero che se riscontra la non veridicità dei dati aziendali esaminati, ne informa immediatamente il Tribunale, che d'ufficio procede alla revoca del concordato. L'attribuzione al commissario giudiziale del compito di mettere in condizione i creditori di esprimere in relazione alla proposta di concordato un consenso informato ed il fatto che allo stesso a tal fine sia richiesto l'espletamento di numerose indagini che possono richiedere anche l'ausilio di esperti, che richiederebbero al Tribunale, se espletate in sede di ammissione al concordato, di effettuare una complessa, non prevista, istruttoria porta ad escludere che il Tribunale, in detta sede, possa estendere il suo sindacato all'accertamento della veridicità dei dati aziendali. Ciò non significa, però, che al tribunale la legge attribuisca il solo controllo formale della completezza della documentazione. Il Tribunale è chiamato ad effettuare una valutazione più penetrante. La disciplina del concordato preventivo, come si evince dalla analizzata normativa, appare ispirata da una esigenza di carattere fondamentale: garantire che i creditori siano messi in condizione di prestare il loro consenso con cognizione di causa, vale a dire che abbiano a manifestare un consenso informato e non viziato da una falsa rappresentazione della realtà. Se la veridicità dei dati da valutare al fine della manifestazione del consenso deve essere garantita soprattutto dal commissario giudiziale, come si ricava dalle disposizioni che lo riguardano, l'assolvimento del suo compito richiede - com'anche la necessità che la proposta di concordato sia seria e non abbia finalità meramente dilatorie - che la documentazione, prodotta dal debitore, che costituisce la base di partenza delle sue indagini e valutazioni, sia completa e soprattutto che possa essere inquadrata effettivamente nel tipo richiesto dal legislatore. Tale fondamentale esigenza richiede di verificare che la relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa sia aggiornata e che contenga effettivamente una dettagliata esposizione dello situazione sia patrimoniale, sia economica, sia finanziaria dell'impresa; che lo stato analitico ed estimativo delle attività possa considerarsi tale e che la relazione del professionista attestante la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, sia adeguatamente motivata indicando le verifiche effettuate, nonchè la metodologia ed i criteri seguiti per pervenire alla attestazione di veridicità dei dati aziendali ed alla conclusione di fattibilità del piano. Solo in tal modo il commissario giudiziale può essere messo in condizione di valutare criticamente detta documentazione e conseguentemente elaborare una relazione idonea a rendere possibile, da parte dei creditori chiamati a votare la proposta, la percezione quanto più esatta possibile della realtà imprenditoriale, della natura e delle dimensioni della crisi e di come la si intenda affrontare. In sintesi quanto suddetto sostanzia il potere di controllo del Tribunale sulla proposta e sulla documentazione allegata, senza che possa sovrapponi, nell'effettuare il controllo dei presupposti di ammissibilità, alla valutazione di fattibilità contenuta nella relazione del professionista allegata alla proposta e senza che possa effettuare accertamenti in ordine alla veridicità dei dati aziendali, che la legge riserva al commissario giudiziale, reagendo alla mancanza di veridicità con il prevedere, su denunzia obbligatoria da parte del commissario giudiziale, la sanzione della immediata revoca da parte del Tribunale del concordato. Il Tribunale di Macerata, dopo aver proceduto all'esame del contenuto della documentazione allegata al ricorso dalla s.r.l. Industriai Lift Technology, in liquidazione, ed affermato che secondo la relazione dell'esperto sarebbe possibile l'integrale soddisfacimento dei creditori privilegiati ed il soddisfacimento di quelli chirografari nella misura del 25%, nonchè la allocazione in prededuzione delle spese del ricorso per concordato e di quelle correnti per il completamento delle commesse in corso, ha esaminato criticamente detta relazione affermando che in base alla stessa è "impossibile per il Tribunale operare alcuna valutazione in concreto del piano concordatario". Successivamente, dopo avere effettuato una serie di ulteriori valutazioni circa la prova della esistenza e circa possibilità di realizzazione dei crediti esposti, circa la esitabilità dei beni in magazzino, la giuridica impossibilità di utilizzare parte dell'attivo per il completamento delle commesse in corso, al fine di poter poi disporre di un prodotto finito, ha affermato, in base alle effettuate considerazioni, che "appare l'evidenza della non fattibilità del concordato", esercitando in tal modo un controllo sulla fattibilità del concordato non rientrante nei suoi poteri. Il provvedimento impugnato che ha rigettato - utilizzando una formula impropria, che in realtà è una pronuncia di inammissibilità - la domanda di ammissione alla procedura di concordato, effettuando valutazioni sul merito della fattibilità del piano concordatario, con modalità decisorie (il che rende ammissibile il proposto ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.) deve essere, pertanto, cassato con rinvio al Tribunale di Macerata che per il giudizio si uniformerà al principio di diritto sopra enunciato. Si omette qualsiasi pronuncia sulle spese, atteso che il ricorso figura notificato esclusivamente al pubblico ministero e questo è da ritenersi parte soltanto in senso formale del giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Macerata. Così deciso in Roma, il 21 settembre 2010. Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2010
Norma

Art. 172 L.F. Operazioni e relazione del commissario


I.
Il commissario giudiziale redige l’inventario del patrimonio del debitore e una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori, e la deposita in cancelleria almeno quarantacinque (1) giorni prima dell’adunanza dei creditori. Nello stesso termine la comunica a mezzo posta elettronica certificata a norma dell’articolo 171, secondo comma. Nella relazione il commissario deve illustrare le utilità che, in caso di fallimento, possono essere apportate dalle azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie che potrebbero essere promosse nei confronti di terzi (2).
II.
Qualora nel termine di cui al quarto comma dell’articolo 163 siano depositate proposte concorrenti, il commissario giudiziale riferisce in merito ad esse con relazione integrativa da depositare in cancelleria e comunicare ai creditori, con le modalità di cui all’articolo 171, secondo comma, almeno dieci giorni prima dell’adunanza dei creditori. La relazione integrativa contiene, di regola, una particolareggiata comparazione tra tutte le proposte depositate. Le proposte di concordato, ivi compresa quella presentata dal debitore, possono essere modificate fino a quindici giorni prima dell’adunanza dei creditori. Analoga relazione integrativa viene redatta qualora emergano informazioni che i creditori devono conoscere ai fini dell’espressione del voto (3).
III.
Su richiesta del commissario il giudice può nominare uno stimatore che lo assista nella valutazione dei beni.
_______________
(1) L’art. 3 del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n. 132, ha sostituito la parola “dieci” con la parola “quarantacinque”.
(2) Periodo inserito dall’art. 4 del D.L. 27 giugno 2015 n. 83 in sede di conversione dalla L. 6 agosto 2015 n. 132.
(3) Comma aggiunto dall’art. 3 del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n. 132.
(*) Le modifiche di cui alle note 1 e 2 si applicano ai procedimenti di concordato preventivo introdotti successivamente alla data del 21 agosto 2015 di entrata in vigore della citata legge di conversione.
Prassi
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Art. 172 L.F. Operazioni e relazione del commissario

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