Giurisprudenza Ordinata Cronologicamente

Cassazione civile, sez. I, 26 novembre 2010, n. 24026

Sul parere del comitato dei creditori
Cassazione civile, sez. I, 26 novembre 2010, n. 24026

“In tema di concordato fallimentare, proposto (nella specie, dal curatore) nella vigenza del D.Lgs. n. 5 del 2006 e prima del D.Lgs. n. 169 del 2007, in una procedura di fallimento disciplinata, ad ogni altro effetto, dal testo originario del R.D. n. 267 del 1942, perché aperta anteriormente all’entrata in vigore del cit. D.Lgs. n. 5 ed ai sensi dell’articolo 150 dello stesso, il parere che il comitato dei creditori è chiamato a rendere, su richiesta del giudice delegato ed avendo riguardo ai presumibili risultati della liquidazione, non è regolato più specificamente ai sensi dell’articolo 125 L.F. e dunque le sue modalità di espressione fanno rinvio implicito all’articolo 41 L.F. il quale, anche dopo i menzionati interventi di riforma, non esige che tale organo sia convocato per emettere una delibera collegiale, mentre una succinta motivazione è stata richiesta solo con il D.Lgs. n. 5 del 2006; ne consegue che il parere può risultare anche da separate dichiarazioni dei suoi singoli componenti ed eventualmente, allorché si tratti – come nella specie – di organo già costituito prima di tale modifica normativa, può manifestarsi anche col silenzio – assenso, nel caso in cui la richiesta sia stata formulata con l’avvertenza che la mancata manifestazione del parere entro un termine stabilito sarà considerata come parere favorevole. Al relativo funzionamento si applica, infatti, ai sensi dell’articolo 150 cit., la disciplina dell’articolo 41 L.F. nel testo anteriore, apparendo irragionevole che il comitato sia tenuto ad esprimersi, nella medesima procedura, con regole diverse, tanto più che, in ogni caso, l’intervenuta approvazione del concordato da parte dei creditori – cui soltanto spetta ogni valutazione di convenienza – determina la sanatoria di ogni irregolarità del predetto parere, unico vizio in cui incorrerebbe se anche privo di motivazione”. (massima ufficiale)

Cassazione civile sez. I - 26/11/2010 n. 24026

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. PROTO Vincenzo - Presidente
- Dott. FIORETTI Francesco Maria - rel. Consigliere
- Dott. RORDORF Renato - Consigliere
- Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere
- Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 25244/2008 proposto da: N.G. (C.F. (OMISSIS)), C.C. (C.F. (OMISSIS)), nella qualità di liquidatori e legali rappresentanti della COOPERATIVA EDILIZIA ARBORIAMAR IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA V. VENETO 7, presso l'avvocato BRUNO DONATO, rappresentati e difesi dagli avvocati FAUCEGLIA GIUSEPPE, MAMELI ANTONIO, giusta procura in calce al ricorso; - ricorrenti -
contro
FALLIMENTO COOPERATIVA EDILIZIA ARBORIAMAR A R.L. (C.F. (OMISSIS)), in persona del Curatore Dott.ssa A.G., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato ISETTA FEDERICO, giusta procura a margine del controricorso; - controricorrente - avverso il decreto della SEZ. DIST. DI SASSARI - CORTE D'APPELLO di CAGLIARI, depositato il 24/09/2008; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/11/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI; udito, per i ricorrenti, l'Avvocato GIUSEPPE FAUCEGLIA che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito, per il controricorrente, l'Avvocato FEDERICO ISETTA che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per l'inammissibilità o in subordine per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto in data 25.7.2008, depositato il 24 settembre 2008, la Corte d'Appello di Cagliari sezione distaccata di Sassari, respingeva il reclamo di C.C. e N.G., nella loro qualità di liquidatori e legali rappresentanti della Cooperativa Edilizia Arboriamar in liquidazione, avverso il decreto del Tribunale di Sassari di omologazione del concordato fallimentare proposto dal curatore del Fallimento Cooperativa Edilizia Arboriamar a r.l., (dichiarato con sentenza n. 39 del 3 giugno 2003) con atto depositato presso la cancelleria di detto Tribunale in data 22 maggio 2007. Avverso il decreto summenzionato C.C. e N. G., nella citata qualità, hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi. Il Fallimento Cooperativa Edilizia Arboriamar a r.l. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione delle norme di legge ai sensi e per gli effetti dell'art. 360, comma 1, n. 3, con riferimento alla L. Fall., art. 125, commi 1 e 2, nonchè al D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 150; in relazione alla L. Fall., art. 41, e alla L. Fall., art. 25. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, ai sensi e per gli effetti dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Con tale motivo i ricorrenti formulano varie censure in relazione alle modalità con le quali è stato formulato il parere del comitato dei creditori con riferimento alla proposta di concordato fallimentare formulata dal curatore fallimentare nel periodo transitorio compreso tra l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 5 del 2006, e del D.Lgs. n. 169 del 2007. A conclusione delle varie censure i ricorrenti formulano i seguenti quesiti di diritto: dica la Corte di Cassazione se: a) in relazione alla L. Fall., art. 129, comma 2, (nel testo previgente al D.Lgs. n. 169 del 2007), il parere richiesto, ai sensi della L. Fall., art. 125, comma 1, al comitato dei creditori per l'esame della domanda di concordato proposta dal curatore fallimentare, presupponga, considerata la peculiarità del procedimento, la necessaria convocazione dell'organo, l'assunzione del parere in sede collegiale, l'espressione in ogni caso di un parere motivato con riferimento specifico ai presumibili risultati della liquidazione, che il curatore proponente deve compiutamente e senza discrasie logiche indicare nella domanda; b) se in relazione al parere richiesto al comitato dei creditori ai sensi della L. Fall., art. 125, comma 1, per l'esame della proposta di concordato fallimentare formulata dal curatore, possa ritenersi legittimo un parere positivo tacito o implicito, connesso alla mancata risposta di uno o più componenti del comitato dei creditori all'uopo interpellato, e se nel computo della maggioranza i pareri così "individuati" possano essere ritenuti come "pareri positivi"; c) se nel peculiare procedimento in esame della proposta di una domanda di concordato fallimentare formulata dal curatore, le funzioni del comitato dei creditori, per le procedure concorsuali aperte prima del 16 luglio 2006, con riferimento al D.Lgs. n. 5 del 2006, siano quelle previste dalla previgente disposizione della L. Fall., art. 41, oppure debbano, al fine dell'armonizzazione normativa e del necessario coordinamento, essere adeguate in relazione alla peculiarità del procedimento; d) se le irregolarità delle espressioni di voto (rese, anzichè dal singolo creditore componente del comitato, da un avvocato) ovvero se la loro incompletezza (non omogeneità con le caratteristiche indicate dalla L. Fall., art. 125, comma 1) possano integrare un vizio di legittimità del procedimento, non sanabile dalla successiva approvazione della proposta concordataria da parte dei creditori L. Fall., ex art. 127, oppure se la mancata comunicazione del dissenso nella procedura di approvazione del concordato L. Fall., ex art. 127, possa sanare i vizi e le irregolarità delle fasi preliminari e propedeutiche, in particolare per quanto riguarda la correttezza e la legittimità dell'esame della proposta stessa ed in relazione alla posizione di un creditore componente il comitato L. Fall., ex art. 41; e) se ai fini del parere reso in sede di esame della proposta concordataria L. Fall., ex art. 125, comma 1, possa essere considerato "parere positivo" un parere subordinato ad una condizione, peraltro, nella fase rimasta inadempiuta; f) se in relazione all'esame della proposta di concordato fallimentare proposto dal curatore, lo stesso possa, in una risposta sollecitata da un componente del comitato stesso, mutare o integrare il contenuto della domanda concordataria già presentata al giudice delegato L. Fall., ex art. 125, in relazione ad elementi in essa non esplicitati ovvero se abbia l'obbligo di ciò rappresentare allo stesso giudice delegato ovvero di depositare nuova domanda concordataria; g) se il mancato raggiungimento della maggioranza dei pareri positivi espressi dai componenti del comitato dei creditori comporti l'immediata interruzione della procedura e se il giudice delegato, in ragione dei poteri attribuiti dalla L. Fall., art. 125, conservi l'obbligo del controllo di legittimità sui pareri formulati, sulla regolarità dell'assunzione degli stessi e dell'espressione del relativo diritto di voto (e ciò anche ai sensi della L. Fall., art. 125, comma 3); h) se in sede di opposizione L. Fall., ex artt. 26 e 129, possa essere rilevato il conflitto di interessi nell'esercizio del voto da parte di un componente del comitato dei creditori; i) se i liquidatori, quali legali rappresentanti della società fallita, possano dedurre vizi di legittimità in ordine alle fasi in esame e di approvazione della domanda di concordato fallimentare. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione di legge e falsa applicazione delle norme di legge con riferimento all'art. 360, comma 1 n. 3, con riferimento alla L. Fall., art. 125, comma 2, nonchè alla L. Fall., art. 124. Tale motivo riguarda la proposta di concordato nella parte in cui prevede" il trasferimento agli attuali detentori degli immobili (ex assegnatari della cooperativa) della proprietà degli immobili rispettivamente detenuti, al valore di stima, previo accertamento in ambito fallimentare del versamento dagli stessi effettuato in conto anticipazione prezzo per acquisto immobile. Da una ricostruzione extracontabile dei versamenti effettuati dai soci ex assegnatari in conto acquisizione immobile, è risultato essere recuperabile un importo di due milioni di Euro. L'importo è inevitabilmente incerto per via della impossibilità di un riscontro contabile ed è condizionato al numero dei soci ex assegnatari che concretamente ufficializzerà il credito e ne chiederà la compensazione con il debito coincidente con il prezzo di stima. Qualora i conguagli complessivi, ossia di tutti i soci ex assegnatari, così determinati, non fossero sufficienti ad estinguere il passivo dovrebbe soccorrere un nuovo intervento. di tutti i soci in applicazione estensiva della L. Fall., art. 151". Deducono i ricorrenti, in considerazione del contenuto della proposta su riportato, che, in difetto di qualsiasi "reale e fondata prospettiva di stima", mancherebbe nella proposta qualsiasi riferimento concreto alla possibilità di offrire un giudizio consapevole, con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione. Tale proposta inoltre non conterrebbe la corretta formulazione di una classe dei creditori, costituita dai soci che abbiano versato un conguaglio superiore, essendosi limitato il proponente a prevedere che " qualora l'importo incassato a conguaglio del valore di assegnazione da soci ex assegnatari fosse superiore all'ammontare del residuo dei debiti da estinguere verso i terzi e all'ammontare delle spese di procedura, gli stessi soci ex assegnatari diverrebbero destinatari della differenza residua, in proporzione del valore di stima di ciascun immobile ed entro il conguaglio eventualmente effettuato". Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione di norme di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. Fall., art. 151, (previgente formulazione) e all'art. 2541 c.c., (previgente formulazione). Deducono i ricorrenti che il concordato proposto dal curatore fonderebbe la realizzazione degli obblighi concordatari sulle norme indicate in epigrafe, non più in vigore al momento della proposizione della domanda concordataria. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione di norme di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. Fall., art. 129, testo previgente al D.Lgs. n. 169 del 2007. Secondo i ricorrenti la norma summenzionata sarebbe stata violata per non avere il giudice delegato ordinato al comitato dei creditori, dopo l'approvazione del concordato, il deposito della relazione conclusiva, la cui predisposizione spetterebbe, nella ipotesi di proposta concordataria presentata dal curatore, al comitato dei creditori. Il primo motivo di ricorso si articola in varie censure. Il Fallimento resistente ha eccepito la inammissibilità del motivo per violazione dell'art. 366 bis c.p.c., il quale, prescrivendo che ciascun motivo debba basarsi su di un'unica censura e concludersi con un unico quesito di diritto, non consentirebbe che un unico motivo sia articolato in più censure e venga concluso con una pluralità di quesitì. L'eccezione è infondata. Questa Suprema Corte ha affermato il principio secondo cui, in caso di proposizione di motivi di cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi, affinchè non risulti elusa la "ratio" dell'art. 366 bis c.p.c., deve ritenersi che tali motivi cumulativi debbano concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati, con la conseguenza che, ove il quesito o i quesiti formulati rispecchino solo parzialmente le censure proposte, devono qualificarsi come ammissibili solo quelle che. abbiano trovato idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati, dovendo la decisione della Corte di Cassazione essere limitata all'oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce l'illustrazione (cfr, Cass. n. 5624 del 2009 resa a sezioni unite). Delle cesure di cui al primo motivo alcune sono inammissibili ed altre infondate. Dal decreto impugnato risulta accertato in punto di fatto che il fallimento della cooperativa edilizia Arboriamar a r.l. è stato dichiarato in data (OMISSIS); che la proposta di concordato, avanzata dal curatore fallimentare, è stata depositata in data 22 maggio 2007 presso la cancelleria del Tribunale di Sassari; che il comitato dei creditori, cui è stato richiesto il parere ai sensi del D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 125, comma 1, è costituito dai componenti, in numero di cinque, nominati nel corso della procedura fallimentare; che la proposta concordataria è stata trasmessa dalla curatela al comitato dei creditori con missiva, con la quale è stato chiesto al comitato di esprimere il proprio parere per iscritto con l'avvertenza che il parere sarebbe stato considerato favorevole ove non fosse pervenuta, entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta della curatela, una "contraria comunicazione scritta"; che dei cinque componenti del comitato due hanno dato parere negativo, due non hanno risposto alla richiesta di parere effettuata dalla curatela, per cui il loro parere è stato ritenuto positivo, un terzo, certo M.G., ha espresso il proprio parere, chiedendo anche alla curatela chiarimenti relativi ad "alcuni passaggi della intera operazione ", chiarimenti che sono stati forniti, sottoponendo, inoltre, al giudice delegato, come richiesto, la lettera di adesione espressa dal M., per cui il parere formulato da questo è stato ritenuto dal giudice a quo positivo; che il parere non è stato espresso direttamente dagli interpellati, ma dai loro difensori. Le modalità con le quali è stato acquisito e formulato il parere del comitato dei creditori costituiscono l'oggetto delle censure di cui al primo motivo di ricorso. Il giudice a quo ha ritenute infondate le molteplici censure proposte dai liquidatori della cooperativa edilizia Arboriamar a r.l., con riferimento alla acquisizione del parere del comitato dei creditori, in considerazione della mancanza di precisi riferimenti normativi sui quali basare dette censure. Tale affermazione merita di essere condivisa. Il parere del comitato dei creditori è previsto dalla L. Fall., art. 125, comma 1, (nuova formulazione), il quale stabilisce che il giudice delegato, a seguito della presentazione della proposta di concordato, chiede il parere del comitato dei creditori con specifico riferimento al presumibile risultato della liquidazione. La norma non contiene ulteriori previsioni in ordine alle modalità di formulazione del parere, rinviando implicitamente alla specifica disciplina prevista dalla L. Fall., art. 41. La L. Fall., art. 41, sia nella nuova formulazione introdotta dal D.Lgs. n. 5 del 2006, sia nella formulazione adottata dal legislatore del 1942 non richiede necessariamente che il comitato dei creditori debba essere convocato per esprimere con una deliberazione collegiale il proprio parere. Con riferimento alla formulazione adottata dal legislatore del 1942, questa Suprema Corte ha più volte affermato che detta norma non richiede che il parere debba essere necessariamente espresso con delibera assunta collegialmente, potendo esso risultare anche da separate dichiarazioni dei singoli componenti ed eventualmente manifestarsi anche col silenzio, nel caso in cui la richiesta di parere sia formulata a ciascun componente del comitato con l'avvertenza che la mancata manifestazione del parere entro un termine stabilito sarà considerata come parere favorevole (cfr. in tal senso: Cass. n. 16 del 1998; n. 6121 del 1987). Ma neppure l'art, 41 nella nuova formulazione richiede che il parere del comitato dei creditori venga espresso con delibera assunta collegialmente. Tale norma dispone, infatti, che "il voto può essere espresso in riunioni collegiali ovvero per mezzo telefax o con altro mezzo elettronico o telematico, purchè sia possibile conservare la prova della manifestazione del voto". Con riferimento alla espressione del voto con la modalità del silenzio assenso il collegio osserva. L'art. 125 (nella formulazione introdotta dal D.Lgs. n. 5 del 2006) richiede che il parere del comitato dei creditori venga chiesto dal giudice delegato "con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione". Il giudice delegato, pertanto, deve chiedere ai componenti del comitato se ritengono che i presumibili risultati della liquidazione di quanto offerto con la proposta di concordato possano portare al soddisfacimento dei creditori nella misura indicata dal proponente, vale a dire se il concordato sia fattibile. La norma non può essere logicamente intesa in maniera diversa. Detta norma non richiede che il parere sia specificamente motivato. Soltanto l'art. 41, comma 1, come modificato dal D.Lgs. n. 5 del 2006, richiede che il parere sia succintamente motivato. Il comitato dei creditori è stato nominato nella vigenza dell'art. 41, come formulato dal legislatore del 1942, in relazione al quale la giurisprudenza ha ritenuto ammissibile la modalità del silenzio assenso. Il collegio ritiene che nel caso di specie debba applicarsi tale normativa ai sensi del D.Lgs. n. 5, art. 150, summenzionato, non apparendo ragionevole che il medesimo comitato dei creditori, se esprime il proprio parere nell'ambito della procedura fallimentare, aperta nel (OMISSIS) e, quindi, governata dalla L. del 1942, possa esprimerlo con la modalità del silenzio-assenso, e se lo esprime, invece, nell'ambito della procedura di concordato fallimentare, aperta nel (OMISSIS) e quindi governata dalla nuova disciplina, debba esprimerlo, nel silenzio dell'art. 125, motivatamente. Considerato, poi, che l'assemblea dei creditori, come si evince dall'art. 129, è il solo soggetto cui è definitivamente rimessa la valutazione della convenienza del concordato, una volta che da parte di detta assemblea sia intervenuta l'approvazione del concordato stesso ai sensi dell'art. 128, ogni irregolarità (tra le quali deve annoverarsi la mancanza di una succinta motivazione, che non comporta la inesistenza del parere, ma soltanto una nullità relativa dello stesso), del parere espresso con votò favorevole della maggioranza del comitato dei creditori, data la nuova configurazione dell'istituto del concordato fallimentare, deve ritenersi sanata. Per quanto riguarda il componente del comitato dei creditori M. G., la corte di merito, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, ha escluso che il parere di costui sia stato espresso in forma condizionata. Detta corte ha affermato, infatti, che questo ha "espresso parere favorevole senza apporre condizioni, ma limitandoci ad invitare il curatore a richiamare l'attenzione del G.D. a procedere con cautela, rappresentando al primo le proprie perplessità: condotta eseguita, avendo il curatore allegato al fascicolo della procedura, consegnato al G.D., la lettera di adesione espressa dal predetto sig. M.". La censura in questione è, comunque, inammissibile, avendo i ricorrenti riportato nel ricorso parte della missiva, inviata dal M. al curatore tramite i suoi difensori, senza avere proceduto ad indicare specificamente tale atto, ai sensi dell'art. 366 c.p.c., n. 6, tra quelli posti a fondamento del ricorso, senza aver proceduto a specificare in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto, e senza avere anche indicato, in ossequio all'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 la avvenuta produzione del documento stesso in sede di legittimità (cfr. in tal senso Cass. sez. un. n. 28547 del 2008; Cass. sez. un. n. 7161 del 2010). Per analoga ragione devesi ritenere inammissibile la censura con la quale si afferma che i chiarimenti contenuti nella missiva, inviata in risposta al M. dalla curatela fallimentare, integrerebbero una nuova proposta di concordato, novità, peraltro, esclusa dal giudice a quo con plausibile motivazione. Nessuna norma esclude, poi, che il parere dei componenti del comitato dei creditori possa essere espresso tramite un avvocato e, per quanto riguarda la censura attinente al difetto di procura, correttamente la corte di merito ha affermato che tale carenza è stata sanata dai componenti del comitato con l'approvazione anche da parte loro della proposta di concordato. Per quanto riguarda la censura, con la quale si denuncia la illegittimità del parere espresso da uno dei componenti del comitato dei creditori, il M., perchè espresso in una situazione di conflitto di interessi, essendo questo socio illimitatamente responsabile della cooperativa dichiarata fallita, giustamente il giudice a quo ha rilevato che, essendo stato il comitato dei creditori nominato prima della entrata in vigore della nuova normativa, i reclamanti, in quanto liquidatori della società dichiarata fallita, avrebbero dovuto immediatamente contestare la nomina di detta persona a componente del comitato dei creditori, cosa che invece non avevano fatto, per cui attualmente detta contestazione dovevasi ritenere intempestiva. Tale soluzione appare giusta in quanto, se la proposta di concordato prevedeva anche la eventuale residuale o concorrente responsabilità del M., quale socio illimitatamente responsabile della società cooperativa a responsabilità illimitata, tale proposta non lo poneva affatto in una situazione diversa rispetto a quella già sussistente nei confronti della procedura fallimentare, atteso che, essendo stato il fallimento dichiarato prima della entrata in vigore del D.Lgs. n. 5 del 2006, qualora il soddisfacimento dei creditori fosse avvenuto in sede fallimentare, sarebbe stato applicabile allo stesso, in virtù della norma transitoria di cui all'art. 150 di detto decreto, la disciplina prevista dal legislatore del 1942 ed in particolare l'art. 151; tale norma prevede che il giudice delegato, dopo la pronuncia del decreto di esecutività dello stato passivo, può autorizzare il curatore a chiedere ai soci della cooperativa con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata "il versamento delle somme necessarie per l'estinzione delle passività a norma dell'art. 2263 c.c.". Pertanto la responsabilità nei confronti dei creditori sorta con la proposta di concordato già sussisteva al momento della nomina, non essendo diversa da quella già sorta con la dichiarazione di fallimento. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile. Il quesito di diritto manca della indicazione della fattispecie concreta, non essendo indicata la ragione specifica, per la quale i soci della cooperativa, oltre che soci debbano ritenersi, in base al solo contenuto della proposta di concordato, anche creditori della società dichiarata fallita; nè dallo stesso è ricavabile quale sia l'errore in cui è incorsa la sentenza impugnata. La formulazione del quesito è, pertanto, generica e astratta; il che lo rende inidoneo ad assumere qualsiasi rilevanza ai fini della decisione del motivo, mentre la norma impone al ricorrente di indicare nel quesito l'errore di diritto della sentenza impugnata in relazione alla fattispecie concreta (cfr. Cass. sez. un. n. 18759 del 2008; Cass. sez. un. n. 6420 del 2008). Anche il terzo motivo è inammissibile. 1 ricorrenti censurano il decreto impugnato, assumendo che il concordato proposto dal curatore fonda la realizzazione degli obblighi concordatari sulla L. Fall., art. 151, e art. 2541 c.c. (previgente formulazione) cioè su norme non più esistenti al momento della proposizione della domanda concordataria. Tale censura non è pertinente, atteso che il giudice di merito, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, ha affermato che il curatore, nel richiamare nella proposta di concordato l'art. 151 della legge fallimentare, non ha inteso invocarne l'applicazione diretta, ma soltanto indicare una modalità di reperimento dei mezzi economici sulla base del modello previsto da detto articolo, intendendo utilizzare lo stesso meccanismo per porre a carico dei soci ex assegnatari eventuali conguagli necessari per estinguere il passivo. Tale motivazione non è stata censurata, per cui il motivo in esame devesi ritenere inammissibile. Il quarto motivo è infondato. Con tale motivo i ricorrenti censurano il provvedimento impugnato per avere ritenuto una mera irregolarità il mancato deposito della relazione conclusiva da parte del comitato dei creditori. Approvata la proposta di concordato, si apre il giudizio di omologazione; il giudice delegato dispone che sia data immediata comunicazione della intervenuta approvazione al proponente, al fallito e ai creditori dissenzienti, e fissa un termine non inferiore a quindici giorni e non superiore a trenta giorni per proporre eventuali opposizioni e per il deposito della relazione conclusiva del curatore o del comitato dei creditori, se la proposta di concordato è stata presentata dal curatore (L. Fall., art. 129). Il giudice a quo ha affermato, affermazione del tutto condivisibile, che dalla identità del termine per la proposizione di eventuali opposizioni e per il deposito della relazione conclusiva o del curatore o del comitato dei creditori si ricava che detta relazione non. costituisce atto destinato ad interferire sulla formulazione delle eventuali opposizioni e, in quanto conclusiva, non può che riportare un contenuto risultante anche da atti precedenti, senza alcuna novità di carattere sostanziale in ordine ai contenuti della proposta di concordato, che è immodificabile una volta ottenuto il voto di approvazione. Le considerazioni che precedono portano a ritenere che detta relazione non è richiesta al fine di garantire il diritto di difesa o il principio del contraddittorio, ma soltanto al fine di mettere a disposizione del Tribunale quei dati di fatto che sono rilevanti per il giudizio di omologazione del concordato; infatti, data la perfetta corrispondenza dei termini per propone opposizione e per il deposito della relazione, devesi escludere che il comitato dei creditori possa prendere posizione in ordine alle contestazioni contenute negli atti di opposizione. La relazione, pertanto - dato che il tribunale, in mancanza di opposizioni, è tenuto a verificare esclusivamente la regolarità della procedura e l'esito della votazione (L. Fall., art. 129) - non può avere un oggetto diverso: deve riferire esclusivamente circa lo svolgimento della procedura e l'esito della votazione. Si può fondatamente ritenere, pertanto, che detta relazione ha una mera funzione informativa diretta ad agevolare la decisione del Tribunale. Se, pertanto, nonostante la mancanza di tale relazione il tribunale, nel caso di specie, ha ritenuto di poter procedere ugualmente alla omologazione del concordato, ciò significa che ha considerato non necessaria tale relazione, in quanto la documentazione acquisita agli atti gli consentiva ugualmente di decidere prescindendo dalla relazione del comitato dei creditori. Conclusivamente si può affermare, in base alle considerazioni che precedono, che la mancanza della relazione in parola costituisca una mera irregolarità e non costituisca, perciò, come correttamente ritenuto dalla corte di merito, condizione ostativa alla omologazione del concordato. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con la condanna della cooperativa ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che appare giusto liquidare in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la cooperativa ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5.200,00 (cinquemiladuecento), di cui Euro 5.000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge. Così deciso in Roma, il 2 novembre 2010. Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2010
Norma

Art. 125 L.F. Esame della proposta e comunicazione ai creditori


I.
La proposta di concordato è presentata con ricorso al giudice delegato, il quale chiede il parere del curatore, con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione ed alle garanzie offerte. Quando il ricorso è proposto da un terzo, esso deve contenere l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata al quale ricevere le comunicazioni. Si applica l’articolo 31-bis, secondo comma (1).
II.
Una volta espletato tale adempimento preliminare il giudice delegato, acquisito il parere favorevole del comitato dei creditori, valutata la ritualità della proposta, ordina che la stessa, unitamente al parere del comitato dei creditori e del curatore, venga comunicata a cura di quest’ultimo ai creditori a mezzo posta elettronica certificata, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione ed informandoli che la mancata risposta sarà considerata come voto favorevole (2). Nel medesimo provvedimento il giudice delegato fissa un termine non inferiore a venti giorni né superiore a trenta, entro il quale i creditori devono far pervenire nella cancelleria del tribunale eventuali dichiarazioni di dissenso. In caso di presentazione di più proposte o se comunque ne sopraggiunge una nuova, prima che il giudice delegato ordini la comunicazione, il comitato dei creditori sceglie quella da sottoporre all’approvazione dei creditori; su richiesta del curatore, il giudice delegato può ordinare la comunicazione ai creditori di una o altre proposte, tra quelle non scelte, ritenute parimenti convenienti. Si applica l’articolo 41, quarto comma.
III.
Qualora la proposta contenga condizioni differenziate per singole classi di creditori essa, prima di essere comunicata ai creditori, deve essere sottoposta, con i pareri di cui al primo e secondo comma, al giudizio del tribunale che verifica il corretto utilizzo dei criteri di cui all’articolo 124, secondo comma, lettere a) e b) tenendo conto della relazione resa ai sensi dell’articolo 124, terzo comma.
IV.
Se la società fallita ha emesso obbligazioni o strumenti finanziari oggetto della proposta di concordato, la comunicazione è inviata agli organi che hanno il potere di convocare le rispettive assemblee, affinché possano esprimere il loro eventuale dissenso. Il termine previsto dal terzo comma è prolungato per consentire l’espletamento delle predette assemblee.
 

 

(1) L’art. 17 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ha aggiunto gli ultimi due periodi del comma.
(2) Periodo sostituito dall’art. 17 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.
Le nuove disposizioni di cui alle note 1 e 2 si applicano dal 19 dicembre 2012 (data di entrata in vigore della citata legge di conversione) anche alle procedure di fallimento, di concordato preventivo, di liquidazione coatta amministrativa e di amministrazione straordinaria pendenti, rispetto alle quali, alla stessa data, non è stata effettuata la comunicazione rispettivamente prevista dagli artt. 92, 171, 207 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 e dall’art. 22 D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270. Per le procedure in cui, alla data 19 dicembre 2012, sia stata effettuata la comunicazione suddetta, la nuova disposizione si applica a decorrere dal 31 ottobre 2013. Il curatore, il commissario giudiziale, il commissario liquidatore e il commissario straordinario entro il 30 giugno 2013 comunicano ai creditori e ai terzi titolari di diritti sui beni il loro indirizzo di posta elettronica certificata e li invitano a comunicare, entro tre mesi, l’indirizzo di posta elettronica certificata al quale ricevere tutte le comunicazioni relative alla procedura, avvertendoli di rendere nota ogni successiva variazione e che in caso di omessa indicazione le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria.
Norma

Art. 125 L.F. Esame della proposta e comunicazione ai creditori


I.
La proposta di concordato è presentata con ricorso al giudice delegato, il quale chiede il parere del curatore, con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione ed alle garanzie offerte. Quando il ricorso è proposto da un terzo, esso deve contenere l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata al quale ricevere le comunicazioni. Si applica l’articolo 31-bis, secondo comma (1).
II.
Una volta espletato tale adempimento preliminare il giudice delegato, acquisito il parere favorevole del comitato dei creditori, valutata la ritualità della proposta, ordina che la stessa, unitamente al parere del comitato dei creditori e del curatore, venga comunicata a cura di quest’ultimo ai creditori a mezzo posta elettronica certificata, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione ed informandoli che la mancata risposta sarà considerata come voto favorevole (2). Nel medesimo provvedimento il giudice delegato fissa un termine non inferiore a venti giorni né superiore a trenta, entro il quale i creditori devono far pervenire nella cancelleria del tribunale eventuali dichiarazioni di dissenso. In caso di presentazione di più proposte o se comunque ne sopraggiunge una nuova, prima che il giudice delegato ordini la comunicazione, il comitato dei creditori sceglie quella da sottoporre all’approvazione dei creditori; su richiesta del curatore, il giudice delegato può ordinare la comunicazione ai creditori di una o altre proposte, tra quelle non scelte, ritenute parimenti convenienti. Si applica l’articolo 41, quarto comma.
III.
Qualora la proposta contenga condizioni differenziate per singole classi di creditori essa, prima di essere comunicata ai creditori, deve essere sottoposta, con i pareri di cui al primo e secondo comma, al giudizio del tribunale che verifica il corretto utilizzo dei criteri di cui all’articolo 124, secondo comma, lettere a) e b) tenendo conto della relazione resa ai sensi dell’articolo 124, terzo comma.
IV.
Se la società fallita ha emesso obbligazioni o strumenti finanziari oggetto della proposta di concordato, la comunicazione è inviata agli organi che hanno il potere di convocare le rispettive assemblee, affinché possano esprimere il loro eventuale dissenso. Il termine previsto dal terzo comma è prolungato per consentire l’espletamento delle predette assemblee.
 

 

(1) L’art. 17 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ha aggiunto gli ultimi due periodi del comma.
(2) Periodo sostituito dall’art. 17 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.
Le nuove disposizioni di cui alle note 1 e 2 si applicano dal 19 dicembre 2012 (data di entrata in vigore della citata legge di conversione) anche alle procedure di fallimento, di concordato preventivo, di liquidazione coatta amministrativa e di amministrazione straordinaria pendenti, rispetto alle quali, alla stessa data, non è stata effettuata la comunicazione rispettivamente prevista dagli artt. 92, 171, 207 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 e dall’art. 22 D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270. Per le procedure in cui, alla data 19 dicembre 2012, sia stata effettuata la comunicazione suddetta, la nuova disposizione si applica a decorrere dal 31 ottobre 2013. Il curatore, il commissario giudiziale, il commissario liquidatore e il commissario straordinario entro il 30 giugno 2013 comunicano ai creditori e ai terzi titolari di diritti sui beni il loro indirizzo di posta elettronica certificata e li invitano a comunicare, entro tre mesi, l’indirizzo di posta elettronica certificata al quale ricevere tutte le comunicazioni relative alla procedura, avvertendoli di rendere nota ogni successiva variazione e che in caso di omessa indicazione le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria.
Legge Fallimentare Completa
TITOLO I
Disposizioni generali
 
TITOLO II
Del fallimento
 
TITOLO III
Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione

TITOLO IV
Dell’ammissione controllata

TITOLO V
Della liquidazione coatta amministrativa

TITOLO VI
Disposizioni penali

TITOLO VII
Disposizioni transitorie
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